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Livio Maitan, 1923-2004: una valutazione critica

Prima Parte: Un “trotskista” nel Partito Comunista

Il 16 settembre Livio Maitan si spegneva a Roma all’età di 81 anni. Oltre a Michel Pablo (1911-1996), Ernest Mandel (1923-1995) e Pierre Frank (1906-1984), fu il piú famoso rappresentante del Segretariato Unificato. Ne fu membro della leadership per 53 anni occupando un ruolo determinante nello sviluppo della linea politica.

L’autore di questi commenti è membro del Comitato Internazionale della Quarta Internazionale fondata nel 1953 al fine di difendere il trotskismo ortodosso contro le politiche revisioniste introdotte nella Quarta Internazionale da Pablo. Da allora, il Comitato Internazionale è stato un opponente risoluto, in ogni questione politica importante, della tendenza sostenuta da Pablo, Mandel e Maitan, tendenza sulla cui linea si sviluppò il Segretariato Unificato.

La morte dell’ultimo leader prominente del Segretariato Unificato, che personalmente testimoniò la scissione del 1953, offre un’opportunità per trarre conclusioni politiche. Non si metterà in dubbio l’integrità di Maitan o delle sue convinzioni socialiste. Piuttosto si tratterà di trarre lezioni dalle esperienze storiche che sono essenziali nello sviluppo di un orientamento politico nella situazione odierna.

La vita di Maitan esemplifica la traiettoria logica dei concetti politici che il Segretariato Unificato ha difeso per piú di metà secolo. Al centro di questi concetti c’era la nozione che la riorganizzazione socialista della società non richiedesse il movimento politico indipendente della classe lavoratrice internazionale, conscia quest’ultima del suo compito storico, ma che piuttosto tale riorganizzazione potesse essere implementata da altre forze sociali e politiche che potessero muoversi a sinistra sotto la pressione di eventi oggettivi.

I pablisti sostenevano che “strumenti grezzi” non basati sulla classe lavoratrice—partiti stalinisti, maoisti, eserciti rurali, guerriglieri piccolo-borghesi—potessero condurre, sotto la pressione di eventi oggettivi, verso una direzione rivoluzionaria e preparare il sentiero del socialismo. La conclusione logica di questa posizione era la liquidazione della Quarta Internazionale o—finché il Segretariato Unificato mantenesse un’organizzazione con quel nome—una definizione completamente nuova dei suoi obiettivi politici.

La Quarta Internazionale fu fondata nel 1938 per iniziativa di Leone Trotski perché solo tale partito era in grado di assicurare la continuazione del marxismo e preparare la classe lavoratrice per future lotte di classe. Negli anni ’30, la burocrazia stalinista dell’Unione Sovietica e la Terza Internazionale ormai dominata dallo stalinismo aderirono completamente e definitivamente ad una direzione contro-rivoluzionaria. Nell’URSS la difesa dei privilegi della burocrazia e la soppressione della democrazia dei lavoratori divennero i piú importanti ostacoli ad uno sviluppo economico e culturale. Internazionalmente, il Cremlino utilizzò i partiti comunisti del mondo come pedine delle sue manipolazioni politiche con i poteri imperialisti, una politica che portò a sconfitte disastrose in Germania nel 1933 e in Spagna nel 1938.

Trotski non abbandonò mai la convinzione che, persino durante le peggiori sconfitte della classe lavoratrice, le contraddizioni oggettive dell’ordine capitalista avrebbero di nuovo causato lotte di classe esplosive. La fondazione della Quarta Internazionale fu necessaria per prepararsi a quelle battaglie. I suoi membri erano numericamente pochi, ma incorporava le lezioni ed esperienze di decenni di lotte di classe. Trotski categoricamente escluse un ritorno ad un corso rivoluzionario da parte dei partiti socialdemocratici o di quelli stalinisti. Sebbene avessero reclutato molti lavoratori, questi partiti erano stati trasformati in strumenti nelle mani di ben altri interessi e forze sociali.

La maggior parte delle prognosi e posizioni adottate dal Segretariato Unificato sin dal 1953 oggi può condurci a valutazioni conclusive alla luce di esperienze storiche. Nessuna delle forze sociali e politiche da loro indicate come propellente rivoluzionario e surrogato del movimento indipendente della classe lavoratrice ha soddisfatto le loro aspettative.

Pablo prediceva che, sotto la pressione delle masse, lo stalinismo avrebbe assunto un ruolo rivoluzionario e che la strada al socialismo sarebbe passata attraverso decenni di stati operai deformi, come quelli creati dopo la seconda guerra mondiale nell’Europa dell’est. Questa prognosi è stata smentita dal collasso di questi stati e dell’Unione Sovietica stessa. La burocrazia stalinista ha dato prova di essere—come predetto da Trotski—il boia della Rivoluzione di Ottobre.

Le armate rurali di Mao, celebrate dai pablisti come l’archetipo per il Terzo Mondo e l’implementatore inconscio della teoria di Rivoluzione Permanente di Trotski, non hanno preparato la strada ad un futuro socialista, al contrario si sono rivelate una forma brutale di capitalismo. Gli eredi di Mao oggi organizzano lo sfruttamento della classe lavoratrice cinese per opera di compagnie multinazionali, imponendo salari e condizioni lavorative fra i peggiori nel mondo.

Mentre il Segretariato Unificato idealizzava i movimenti di liberazione nazionale e la loro ricetta di “lotte armate”, nessuno di essi ha raggiunto un grado di reale indipendenza dall’imperialismo. Tutti questi movimenti hanno confermato la prognosi di Trotski, in negativo, che in paesi con un ritardato sviluppo capitalistico “la completa e genuina soluzione dei loro sforzi per raggiungere la democrazia ed emancipazione nazionale è concepibile solamente attraverso la dittatura del proletariato, quest’ultimo alla guida della nazione sottomessa, specialmente le masse rurali.” (1)

I concetti politici del Segretariato Unificato non erano solo equivoci, giocarono un ruolo determinante nel mondo intero disorientando gioventù e lavoratori, i quail cercavano un’alternativa al capitalismo durante i grandi movimenti sociali degli anni sessanta e settanta.

Il momento che le speranze del Segretariato Unificato, basate sullo stalinismo e su nazionalisti piccolo-borghesi, si rivelarono illusori, l’organizzazione si spostò ulteriormente a destra ritirandosi nella sfera dello stato capitalista. È significativo che Maitan trascorse gli ultimi 13 anni della sua vita politica fra i ranghi di un partito che serví da sostegno ai governi di centro-sinistra di Romano Prodi e Massimo D’Alema. Dal 1991 al 2001 fece parte della direzione di Rifondazione Comunista, una delle organizzazioni eredi del Partito Comunista.

Nella sua ultima apparizione pubblica internazionale, al 15esimo Congresso Mondiale del Segretariato Unificato nel febbraio 2003, si congratulò con un membro brasiliano del Segretariato Unificato, il quale occupa la posizione di ministro nel governo borghese del presidente Inàcio “Lula” da Silva.

Maitan aderisce alla Quarta Internazionale

Livio Maitan nacque nel 1923 a Venezia, sei mesi dopo la presa di potere di Mussolini. Crebbe nell’Italia fascista conseguendo una laurea in lettere classiche all’Università di Padova. Negli ultimi anni della guerra, aderí alla resistenza socialista contro l’occupazione nazista e fu eventualmente forzato ad espatriare in Svizzera, dove testimoniò la fine della guerra in un campo d’internamento. Piú tardi divenne un organizzatore del movimento socialista giovanile. Nel 1947, durante un congresso socialista a Parigi, conobbe Ernest Mandel ed aderí alla Quarta Internazionale.

Era questo il periodo in cui le idee di Trotski iniziarono ad essere messe in discussione da sezioni della leadership della Quarta Internazionale. Quando Maitan entrava nella direzione della Quarta Internazionale nel 1951, Pablo, allora segretario, aveva pienamente formulato la sua posizione revisionista che, due anni dopo, avrebbe causato una scissione all’interno del movimento trotskista. Era in quell’anno che il documento di Pablo intitolato “Dove Stiamo Andando?” venne pubblicato. In esso, Pablo dichiarava che la realtà sociale “consiste essenzialmente nel regime capitalista e nel mondo stalinista” e che “la stragrande maggioranza delle forze che oppongono il capitalismo in questo momento possono essere trovate solo nella leadership o influenza della burocrazia sovietica.” (2)

Questo concetto, formulato all’inizio della Guerra Fredda, ignorava la classe lavoratrice sostituendo la lotta di classe, ormai dominante in entrambi i campi, con il conflitto fra l’Unione Sovietica e l’imperialismo statunitense. Pablo credeva che la rivoluzione socialista sarebbe iniziata nella forma di una Guerra fra l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti, nella quale la burocrazia sovietica avrebbe giocato un ruolo di direzione a capo di “forze opposte al capitalismo”. Sotto tali condizioni, non rimaneva altro per la Quarta Internazionale che entrare nei partiti stalinisti—“l’integrazione nel vero movimento di massa”, come disse Pablo.

Nel 1953, il Socialist Workers Party (Partito Socialista dei Lavoratori) negli USA pubblicò la sua “Lettera Aperta”, respingendo le posizioni di Pablo e indicendo la fondazione del Comitato Internazionale, al quale aderirono, fra le altre, la sezione britannica e la maggior parte di quella francese.

Durante il conflitto, Maitan si schierò dalla parte di Pablo, Mandel e Frank, leader della minoranza francese, e rimase membro attivo del Segretariato Unificato per il resto della sua vita. Pubblicò vari libri—su Antonio Gramsci, Leone Trotski, il Partito Comunista Italiano, la Rivoluzione Cinese, la Rivoluzione Culturale Cinese e la fine dell’Unione Sovietica—dei quali solo alcuni vennero tradotti in altre lingue. Scrisse anche regolarmente per le pubblicazioni del Segretariato Unificato e si fece un nome come il traduttore italiano delle opere di Trotski.

In Italia, Maitan fu la personalità pubblica della sezione italiana del Segretariato Unificato per mezzo secolo.

Maitan e il Partito Comunista Italiano

L’adattamento dei pablisti allo stalinismo ebbe conseguenze particolarmente importanti in Italia. Il partito stalinista comunista operò determinante influenza nella vita politica italiana, un fenomeno che, a parte la Francia, non si verificò in nessun altro paese industrializzato.

Ciò fu dovuto alla sua storia peculiare. Il Partito Comunista Italiano (PCI) trascorse vasta parte della sua esistenza nell’illegalità e nella lotta contro il regime di Mussolini. Famosi leader come Antonio Gramsci caddero vittime del fascismo. Nella Resistenza, che si sviluppò contro l’occupazione tedesca e il rimanente stato di Mussolini dopo l’invasione degli Alleati, il PCI era la forza trainante. Ciò facilitò la formazione di radici solide fra la popolazione. Era la forza dominante specialmente in molte regioni dell’Italia settentrionale e in Toscana, ove molte famiglie avevano perso i loro cari nella lotta di Resistenza. La direzione di partito, tuttavia, sotto Palmiro Togliatti consisteva di fedeli servi di Mosca. Molti leader riuscirono a sopravvivere al fascismo in esilio nell’Unione Sovietica e furono profondamente implicati nei peggiori crimini commessi da Stalin.

In conformità con la linea di Stalin, il PCI difese incondizionatamente il sistema borghese dopo la caduta di Mussolini. Nella primavera del ’44, solo pochi mesi dopo la caduta del dittatore e la resa ufficiale dell’Italia, il PCI aderí al governo del Maresciallo Pietro Badoglio prevenendo quindi una spaccatura radicale dal passato fascista e una riorganizzazione rivoluzionaria della vita politica. Grazie al PCI, l’élite sociale e politica che per 20 anni aveva basato il proprio potere sulla dittatura di Mussolini, riuscì a sopravvivere indenne la propria caduta.

Il PCI fece parte di tutti i governi nazionali di coalizione che si avvicendarono rapidamente fino a maggio 1947. L’inizio della Guerra Fredda, tuttavia, prevení ulteriori partecipazioni nel governo. Washington non era pronto ad accettare un ministro comunista che avesse connessioni dirette a Mosca in un paese che rappresenta un pilastro portante della NATO. Sicché dovettero passare altri 50 anni affinché il PCI—trasformatosi nel frattempo in Democratici di Sinistra (DS)—potesse detenere un ministero a Roma.

Nonostante tutto, durante questi 50 anni, il PCI rimase un sostegno decisivo del sistema borghese in Italia, Infatti, si può affermare senza esagerazioni che ne era la sua spina dorsale. Era l’unico partito nel paese che avesse una base di supporto di massa e una struttura organizzativa centralizzata con solide basi. I Democristiani, partito di governo permanente, consistevano di vari gruppetti fra loro in triviali contrasti, il cui successo elettorale era dovuto principalmente all’influenza della Chiesa Cattolica. I partiti minori—i Socialisti, Socialdemocratici, radicali e liberali—non erano altro che rappresentazioni di vari gruppi lobbistici.

Il PCI giocò un ruolo politico in Italia simile a quello del SPD (Partito Social-Democratico) in Germania e del Labour Party nel Regno Unito. Nel periodo del boom del dopoguerra, fu l’intermediario del conflitto di classe. L’Italia, prevalentemente agraria e povera—con l’eccezione del nord industrializzato—attraversò un processo di veloce industrializzazione che ebbe come risultato una forte crescita nel tenore di vita. Per la prima volta, famiglie potevano permettersi una televisione, una macchina, una vacanza, e tante altre cose che non erano state possibili fino allora. Durante questo periodo, la proporzione di voti per il PCI aumentò costantemente, da circa il 20 per cento nella prima elezione del dopoguerra al 34 per cento nel pieno degli anni ’70, al picco del boom economico. Dopo di ciò, alla luce di problemi sociali in aumento, perse voti con ogni elezione.

Una strategia rivoluzionaria socialista durante il periodo del dopoguerra avrebbe preparato la classe lavoratrice ad una separazione inevitabile con il PCI. Propaganda e iniziative tattiche avrebbero esposto il PCI—ad esempio, rendendo la classe lavoratrice conscia dell’irriconciliabile contraddizione fra i suoi interessi a lungo termine e le politiche del PCI e sviluppando dei quadri politicamente consci su questa base. Il punto d’inizio per tale strategia sarebbe stato una comprensione del ruolo controrivoluzionario dello stalinismo.

Maitan era per una prospettiva completamente differente. Vedeva il PCI non come un sostegno per il sistema capitalista, ma piuttosto come uno strumento attraverso il quale poteva svilupparsi un movimento rivoluzionario della classe lavoratrice. In un libro di 200 pagine circa la teoria e la politica del PCI, pubblicato nel 1959 e riedito nel 1969, scrisse:

“Il PCI è la forma di organizzazione politica in cui il movimento del dopoguerra di masse di lavoratori e contadini in Italia si manifesta. In altre parole, è all’interno di questa organizzazione e attraverso la sua mediazione che le forze sociali decisive, che combattono per una radicale riorganizzazione della struttura della società attuale, si esprimono. Per quanto il PCI voglia mantenere l’influenza di massa di cui gode, la leadership deve—seppure in forma deformata—articolare la realtà della lotta di classe in cui è immersa.”

Ciò, secondo Maitan, era “il fattore sociale importante che spiega la realtà del PCI; spiega perché decine di migliaia di quadri proletari rimangono fedeli al partito, persino quando hanno perso illusioni di saggezza e infallibilità della leadership.” (3)

Qui, la realtà è completamente capovolta. Sebbene il PCI fosse la barriera decisiva di un’offensiva della classe lavoratrice dopo la guerra e potesse mantenere la sua influenza sul movimento operaio a causa delle concessioni sociali del dopoguerra, Maitan dichiara che i lavoratori erano fedeli al PCI perché incorporava le loro ambizioni rivoluzionarie, perché articolava “la realtà della lotta di classe”.

Naturalmente, Maitan non poteva completamente ignorare il supporto del PCI allo stato borghese e il carattere burocratico della sua leadership. Cosí asserí che il partito ha un duplice carattere: “la contraddizione del PCI è basata sul fatto che non è piú un partito rivoluzionario e rifiuta esplicitamente la prospettiva della conquista rivoluzionaria di potere, ma a causa della sua origine e natura non può essere né divenire un partito del tutto riformista.” (4)

Maitan giustificava questa presunta impossibilità di trasformazione del PCI in un “partito del tutto riformista” sostenendo che il suo “revisionismo neo-burocratico non esprime l’influenza sociale della borghesia o dell’imperialismo nel movimento operaio, ma piuttosto l’influenza della casta burocratica nell’URSS, questa forza conservatrice ma tuttavia anti-capitalista.” (5) Tale concetto era in diretta opposizione con quello di Trotski. Trotski insisteva che la burocrazia stalinista era uno “strumento della borghesia mondiale nel movimento operaio” (6) e come tale giocava un ruolo non anti-capitalista ma controrivoluzionario nell’Unione Sovietica e in campo internazionale.

Le conclusioni politiche che scaturiscono dalla concezione di Maitan sul PCI sono un filo portante di tutto il lavoro dei pablisti italiani.

Già nel 1951, membri dell’organizzazione di Maitan, i Gruppi Comunisti Rivoluzionari (GCR), seguirono le raccomandazioni di Pablo e aderirono al PCI. Sebbene un piccolo nucleo organizzativo e il giornale Bandiera Rossa rimanessero attivi, la vasta maggioranza dei membri lavorò fino al 1969 fra le file degli stalinisti. E nel PCI non potevano lavorare liberamente. “Vivevamo nel PCI come eremiti perché non esprimevamo la nostra differenza di opinione. Aspettavamo, finché la situazione maturasse.” disse ad uno storico un membro di quei tempi. (7)

Il fatto che una grande parte della classe lavoratrice italiana fosse influenzata dal PCI significava che il lavoro al suo interno non si poteva ignorare. Sotto simili circostanze i trotskisti sotto Gerry Healy lavorarono con successo all’interno del Labour Party fra il 1947 e il 1959. Tuttavia, le tattiche di inserimento dei trotskisti britannici erano guidate da una prospettiva completamente differente da quella del GCR sotto Livio Maitan. I britannici non avevano alcun dubbio circa il carattere controrivoluzionario del Labour Party. Il loro lavoro fu orientato a tale proposito verso la preparazione della classe lavoratrice all’inevitabile spaccatura dal partito. Combatterono un’aspra battaglia contro la burocrazia di partito e su tale base furono in grado di sviluppare un quadro marxista—con successo. Nel 1963, il movimento giovanile del Labour Party, i Young Socialists (Giovani Socialisti), aderí al partito dei trotskisti britannici, il Socialist Labour League.

La prospettiva pablista di Maitan portò a risultati completamente differenti. Se il PCI era la “forma politica-organizzativa” in cui “il movimento di massa dei lavoratori e contadini si manifesta,” e se era stato forzato “ad articolare la realtà della lotta di classe” per non perdere la loro influenza, allora l’obiettivo dei trotskisti non era quello di separare i lavoratori dal PCI ma di lavorare fedelmente nelle sue file. Tale prospettiva fece del GCR niente piú di un escamotage di sinistra per lo stalinismo. Sebbene criticassero la direzione di partito su vari campi, tutto sommato supportavano e promuovevano l’illusione che si sviluppasse in una direzione rivoluzionaria.

Allo stesso tempo, questo orientamento tagliò la classe lavoratrice italiana fuori dalla prospettiva della Quarta Internazionale. In Italia, ove non è mai esistita una sezione del Comitato Internazionale, il fatto che Livio Maitan, il piú conosciuto trotskista, supportasse il PCI respulse lavoratori e studenti che erano in forte contrasto con il PCI negli anni sessanta e settanta. La radicalizzazione durante questi anni non si orientò verso la Quarta Internazionale, ma intraprese la strada del maoismo e anarchismo o finí nel vicolo cieco della “lotta armata” e del terrorismo. Quest’ultimo, alla fine degli anni ’70, assunse proporzioni considerevoli e facilitò una crisi profonda all’interno della sinistra italiana.

Maitan contribuí a questo sviluppo in due maniere. Primo, perseverò con l’idea di rimanere fedele al PCI—persino nel 1968, quando la maggioranza della sua stessa organizzazione occupava una posizione diversa, causando una scissione del GCR. Da un altro lato, come rappresentante leader del Segretariato Unificato, Maitan coltivò illusioni nel maoismo e nella “lotta armata”, che furono strumentali nel disorientamento del movimento militante di quegli anni.

Mentre il Segretariato Unificato anticipava che nell’Europa Orientale e nei paesi occidentali industrializzati una nuova offensiva socialista giungesse dalle file staliniste, nei paesi in via di sviluppo e in America Latina riponeva le sue speranze in nazionalisti piccolo-borghesi. Ciò che rimaneva comune a entrambe queste supposizioni era l’esclusione di una mobilitazione indipendente della classe lavoratrice sotto la guida della Quarta Internazionale, lasciando l’iniziativa ad altre forze sociali.

In Cina, i pablisti glorificarono le armate rurali di Mao Zedong. Pablo si offrí personalmente a disposizione del Fronte di Liberazione Nazionale algerino (FLN) negli anni ’50, e dopo la sua vittoria, aderí al primo governo algerino di Ahmed Ben Bella, coordinando relazioni con i movimenti nazionali in Africa e nel mondo.

Nel 1959, quando le forze guerrigliere di Fidel Castro riuscirono ad espellere la dittatura di Batista da Cuba, i pablisti divennero entusiasti sostenitori della rivoluzione cubana. La presupposizione che uno stato operaio fosse stato creato a Cuba costituiva la base per la riunificazione dei pablisti con il Socialist Workers Party (SWP) Americano, che aveva preso l’iniziativa di stabilire il Comitato Internazionale della Quarta Internazionale nel 1953.

L’asserimento che le misure di nazionalizzazione eseguite dal regime di Castro avessero trasformato Cuba in uno stato operaio rappresentava una separazione completa dalla visione marxista di socialismo. Se dei leader guerriglieri di estrazione piccolo-borghese, che contavano principalmente sui contadini, potessero stabilire uno stato operaio senza l’esistenza degli organi di potere operaio piú basilari, allora il ruolo indipendente e conscio nella rivoluzione socialista tradizionalmente attribuito alla classe lavoratrice dal marxismo era sbagliato.

Inoltre, i pablisti ignoravano il carattere internazionale della rivoluzione socialista, che Trotski aveva sempre enfatizzato notevolmente. Visto storicamente, il socialismo rappresenta uno stadio piú avanzato di sviluppo della società umana rispetto al capitalismo. Quest’ultimo ha già sviluppato le forze produttive al di là dei limiti dello stato nazionale, e una società socialista non potrebbe ritirare ciò che è stato già raggiunto. Per questo motivo, la teoria stalinista di costruire il “socialismo in un singolo paese” è completamente falsa.

Da questo punto di vista marxista e internazionalista, le misure di nazionalizzazione adottate dal regime di Castro, che non differivano sostanzialmente da misure simili implementate da altri governi nazionalisti del tempo, erano di importanza secondaria. La questione piú importante era se la rivoluzione cubana offrisse un punto di partenza per lo sviluppo della rivoluzione socialista internazionale. A questo riguardo, le conseguenze degli eventi cubani erano devastanti.

I pablisti non erano contenti solo con il lodare la Cuba di Castro come uno stato operaio. Il modello cubano di una lotta armata condotta dalle zone rurali fu applicato a tutta l’America Latina—con conseguenze terribilmente distruttive per il movimento trotskista. Quando Che Guevara si trasferí da Cuba in Bolivia nel 1965 per lí lanciare una lotta guerrigliera, il Segretariato Unificato gli garantí il suo pieno supporto, e la sezione boliviana proclamò di essere pronta a partecipare alla guerriglia. Ad una conferenza di solidarietà dell’America Latina avvenuta a Cuba nel 1967, il Segretariato Unificato era rappresentato da Joseph Hansen del SWP Americano, il quale proclamò “il ruolo indispensabile della lotta armata sulla strada del socialismo.” (8)

Nel 1969, il 9º Congresso Mondiale del Segretariato Unificato proclamò inequivocabilmente: “L’unica prospettiva realistica e fondamentale per l’America Latina è una lotta armata, che potrebbe durare molti anni. Per questa ragione, una preparazione tecnica deve essere vista non solo come un aspetto di lavoro rivoluzionario, ma come l’aspetto fondamentale... Per un intero periodo, la lotta guerrigliera costituirà l’asse fondamentale, pur se dapprincipio l’iniziativa apparentemente giunge dall’esterno o accade unilateralmente (come nel caso della guerriglia boliviana di Che).” (9)

Questo concetto sacrificava la teoria di Trotski di rivoluzione permanente ad una glorificazione della lotta armata, soppiantando il proletariato con i Kalashnikov e le bombe a mano come fattori rivoluzionari. Sebbene questa prospettiva sembrasse radicale ed assetata di sangue, era solo un’espressione del profondo pessimismo e disdegno per la classe lavoratrice da parte dei pablisti—e ciò era in un periodo in cui la classe lavoratrice stava crescendo rapidamente in tutta l’America Latina e allo stesso tempo si stava radicalizzando.

Chiunque avesse preso seriamente la prospettiva del Segretariato Unificato avrebbe dovuto ignorare le città e dare supporto alla lotta guerrigliera nelle zone rurali, e chi l’avesse fatto ne pagava un caro prezzo. Isolati dalla classe lavoratrice urbana e contrastati da un esercito potente, molti giovani che si erano rivolti al Segretariato Unificato in buona fede rimasero facili vittime dei militari.

All’inizio degli anni ’70 in Argentina, la stampa del Segretariato Unificato applaudiva le spettacolari iniziative armate del Partito dei Lavoratori Rivoluzionari (PRT-ERP), riconoscendo questo gruppo come la sua sezione ufficiale prima del suo spostamento verso il maoismo. Alla fine, il PRT-ERP venne completamente distrutto dale forze armate.

Livio Maitan giocò un ruolo importante nello sviluppo e disseminazione di questa linea politica. Nel Segretariato Unificato era rispettato come lo specialista sull’America Latina e la Cina, ed era direttamente coinvolto nell’elaborazione di risoluzioni di partito su queste aree.

Secondo il pablista cinese Peng Shuzi, che dissentí dal Segretariato Unificato su questa questione, Maitan fu l’autore di un documento che giustificava il comitato esecutivo del Segretariato Unificato in supporto della strategia di guerriglia del 1968. (10) Al Congresso Mondiale del 1969, Maitan e Mandel erano i proponenti piú attivi della strategia di guerriglia, che comunque venne respinta da quasi un terzo dei delegati.

Nel 1997, Maitan pubblicò un articolo sul 30esimo anniversario della morte di Che Guevara in Inprecor, l’organo ufficiale del Segretariato Unificato, che riassumeva superficialmente la prospettiva dell’organizzazione di quell periodo. L’articolo era un inno a Che Guevara. Menzionando frasi tratte da varie pubblicazioni ufficiali del Segretariato Unificato, fu presentato come un “socialista per eccellenza,” ricco del “carattere internazionale della rivoluzione socialista”, e divenne un “simbolo della nuova generazione di rivoluzionari.” (11)

Il sessantotto e le sue conseguenze

Il sostegno di Maitan per la guerriglia in America Latina trovò uno sbocco immediato in Italia. Contribuí significativamente alla confusione politica che dominava la sinistra negli anni settanta e alla nascita di molti guppi maoisti e anarchici e di organizzazioni per la lotta armata che, in certi momenti, contavano su decine di migliaia di sostenitori.

In Italia la radicalizzazione dei giovani e della classe lavoratrice che ebbe inizio a metà degli anni sessanta continuando negli anni settanta diede sfogo a degli aspri conflitti col Partito Comunista Italiano, proprio mentre esso svoltava bruscamente a destra. Nel 1972, Enrico Berlinguer assunse la guida del partito. Inizialmente il suo corso “Eurocomunista”—annunciato da un piú netto distacco da Mosca e da un riavvicinamento alla socialdemocrazia—venne sostenuto dal Segretariato Unificato con entusiasmo. Il contenuto di destra di questa politica era però inconfondibile. Berlinguer mirava ad un “compromesso storico” con la Democrazia Cristiana e ad entrare nel governo. Dal 1976 al 1979, il gruppo parlamentare del PCI sostenne l’alleanza di governo, anche se il partito non aveva rappresentanti nel consiglio dei ministri.

Il fatto che il piú famoso dei “trotskisti” italiani auspicasse un “rinnovamento” del PCI, mentre allo stesso tempo incoraggiava le diffuse illusioni che il movimento di protesta coltivava nei confronti di Mao e Che Guevara, tagliò la nuova generazione che entrava nella vita politica del paese fuori dalla vera prospettiva marxista della Quarta Internazionale.

L’organizzazione di Maitan, i Gruppi Comunisti Rivoluzionari(GCR), non raggiunse mai un’influenza significativa. I suoi membri non superarono mai i duecento, e si presentò indipendentemente alle elezioni solo una volta nella sua storia, nel 1980.

Ciò nonostante, l’influenza di Maitan non va sottovalutata. Per decenni, migliaia di membri passarono attraverso il GCR. Molti di coloro che giocarono un ruolo di primaria importanza nei gruppi radicali degli anni settanta provenivano dalla scuola di Maitan. Negli anni novanta, la maggior parte di essi si raggruppò ancora una volta assieme a Maitan sotto l’ombrello di Rifondazione Comunista.

Nel 1968, all’apice della rivolta studentesca, Maitan perse temporaneamente il controllo della sua organizzazione. La maggioranza del GCR voleva terminare il lavoro politico svolto all’interno del PCI e dissolvere l’organizzazione nel movimento spontaneo. Essi non solo rifiutavano l’orientamento verso il PCI, ma anche il richiamo al trotskismo in una qualsiasi forma organizzativa. Al congresso del GCR, un membro della maggioranza giustificò questa linea liquidazionista affermando che “L’eredità trotskista è ormai l’eredità comune di tutti i rivoluzionari e la sua difesa non può fungere da raison d’être per un’organizzazione.” (12)

Maitan non era preparato ad abbandonare immediatamente il lavoro all’interno del PCI, ma confessava ai suoi avversari che, se necessario, avrebbe saputo orientarsi in maniera diversa. Rispondendo ad essi durante il congresso, Maitan dichiarò che non bisognava sopravvalutare l’organizzazione, e che bisognava invece concentrare gli sforzi per “azione verso l’avanguardia.” Egli aggiunse che “Il giorno in cui una tendenza rivoluzionaria piú grande della nostra si svilupperà in Italia, dimostrandosi capace di guidare il movimento di massa, noi useremo il criterio che ci sembra corretto. Non faremo certo valere la nostra anzianità e saremo in grado di contribuire al successo di tale movimento ... Ma questa situazione tuttora non esiste.” (13)

Le posizioni sia di Maitan che dei suoi avversari escludevano lo sviluppo di un movimento indipendente della classe lavoratrice sotto la bandiera della Quarta Internazionale. La scissione era basata invece su una questione di tattica, cioè se fosse giunto il momento di abbandonare il PCI e allinearsi al movimento di protesta piccolo-borghese.

Piú tardi la maggioranza fondò il gruppo Avanguardia Operaia, che proclamava apertamente il suo aderimento al maoismo. Esso giustificava il rifiuto della Quarta Internazionale affermando che questa era un ostacolo alla crescita dei trotskisti assieme “alle correnti obiettivamente di sinistra, come il maoismo e il castrismo.”

Un’altra sezione della maggioranza si orientò verso il gruppo del Manifesto, formato nel 1969 da alcuni leader dissidenti del PCI, per la maggior parte intellettuali, che proponeva un miscuglio composto da certi atteggiamenti tradizionali del PCI ritracciabili alla guida di Palmiro Togliatti, concezioni filosofiche proprie della Scuola di Francoforte, e da posizioni maoiste. Oggi l’unica cosa che rimane di questo gruppo è il quotidiano dallo stesso nome.

Col sostegno della minoranza, Maitan rifondò il GCR, il quale abbandonò rapidamente il lavoro all’interno del PCI, cercando di prendere contatto con quei gruppi radicali che si andavano formando. Nel 1969, il nono Congresso del Segretariato Unificato decise che l’atteggiamento da adottare era “verso la nuova avanguardia con il suo rapporto con le masse.” Questo stesso congresso esprimeva sostegno per la lotta armata nell’America Latina. Maitan propose una risoluzione sulla Rivoluzione Culturale cinese.

Inizialmente, Maitan cercava anche una collaborazione più intima con i dissidenti PCI del Manifesto. “Nella politica delle convergenze nella sinistra rivoluzionaria dobbiamo continuare a privilegiare il Manifesto,” scrisse nel 1972. “Nella dialettica che è esistita ed esiste nel Manifesto abbiamo avuto e dobbiamo avere la possibilità di inserirci. Ciò non significa che escludiamo altre forze.” (14)

Più tardi, a partire dalla metà degli anni settanta, egli si orientò invece verso quelle organizzazioni che erano emerse dal movimento studentesco. Il PDUP (Partito di Unità Proletaria), Avanguardia Operaia e Lotta Continua erano emerse da questi molteplici gruppi come le organizzazioni più importanti. Esse adoravano Mao, Ho Chi Minh e Che Guevara, e rappresentavano un misto di prospettive spontaneiste e pseudo-rivoluzionarie. Promuovevano scioperi e forme di “azione diretta”, giocando un ruolo molto attivo nelle dispute politiche e sociali di quel periodo. Esse potevano contare, in tutto, su circa diecimila membri e simpatizzanti.

Il calo delle lotte sociali dopo il 1974 gettò questi gruppi in una crisi profonda. Una minoranza di essi si diede alla lotta armata e al terrorismo, un fenomeno che assunse una forma più ampia in Italia che forse in qualsiasi altro paese europeo, e che contribuì al disorientamento della classe lavoratrice. Il resto abbandonò le forme di lotta radicali ed attiviste, riorientandosi verso forme di lotta politica più tradizionali. Nel 1976 le tre organizzazioni di cui sopra presentarono congiuntamente alle elezioni parlamentari sotto il nome di Democrazia Proletaria.

Il GCR appoggiò in pieno questa campagna elettorale. Maitan fece dei discorsi assieme a Adriano Sofri di Lotta Continua durante comizi elettorali a cui parteciparono migliaia di persone. Ma il risultato elettorale fu deludente. La Democrazia Cristiana rimase il partito più forte, seguita da vicino dal PCI, il quale ottenne il miglior risultato della sua storia. Democrazia Proletaria ricevette mezzo milione di voti e sei seggi in parlamento. La sua quota dell’1,5 per cento dei voti fu però molto più bassa delle sue previsioni. Lotta Continua, l’organizzazione con cui il GCR aveva collaborato più strettamente si dissolse poco dopo le elezioni.

L’assenza di una prospettiva realistica per la classe lavoratrice consentì alla classe dominante italiana ed al PCI, suo pilastro più importante, di sopravvivere alle violente battaglie di classe tra il 1968 e il 1975, e passare alla controffensiva. Le organizzazioni di sinistra caddero in una disperazione che continuò per tutti gli anni ottanta. Democrazia Proletaria, originariamente concepita come un’alleanza elettorale, continuò ad esistere, diventando una sorta di crogiolo per i rimasugli delle organizzazioni radicali.

Nel 1989, il gruppo di Maitan (rinominato Lega Comunista Rivoluzionaria, LCR) si unì a Democrazia Proletaria. Due anni dopo, l’intera organizzazione si allineò con Rifondazione Comunista, che era emersa dal dissolto PCI.

Da quel momento in poi, Maitan e i suoi sostenitori dedicarono tutti le loro energie politiche alla costruzione di Rifondazione, come il pablista francese Alain Krivine conferma nel suo obituario di Maitan: “Dal 1991 in poi Livio continuò ad essere eletto alla guida di questo nuovo partito. È un dato di fatto che i membri della Quarta Internazionale decisero di partecipare completamente nella sua costruzione fin dalla nascita, in accordo con i suoi dirigenti... Alcuni dei nostri compagni assunsero posizioni di responsabilità al Senato, nelle organizzazioni di partito, o alla guida del quotidiano Liberazione.” (15)

Rifondazione Comunista (PRC). Mi limiterò invece al ruolo di Maitan, il quale occupò un posto nel comitato esecutivo del partito per un periodo di 10 anni, era consigliere e uomo di fiducia del suo dirigente Fausto Bertinotti e perpetuò illusioni grottesche sul carattere e sul ruolo dell’organizzazione.

Nei cantici di lode di Maitan a Rifondazione, pubblicati nella stampa del Segretariato Unificato, si possono ritrovare tutti i cliché caratteristici del pablismo che aveva utilizzato precedentemente quando osannava lo stalinismo italiano, Mao Zedong, Fidel Castro e Che Guevara. Si cerca invano un’analisi sobria del programma di partito e il suo ruolo nella vita politica italiana. Invece Maitan si agita su “contraddizioni”, “dinamiche obiettive” e “relazioni fra forze”.

È rappresentativo il bilancio del lavoro di Rifondazione tratto quest’anno da Flavia D’Angeli, membro della tendenza di Maitan: “Attraverso la storia del PRC, la corrente politica intorno a Bandiera Rossa ha tentato di creare le condizioni adatte per un vero inserimento dei suoi militanti nell’attività del partito, puntando a stimolare iniziative di classe e instillazione sociale. Rifondazione ci è sembrato l’unico strumento e opportunità attraverso i quali possiamo procedere verso la ricomposizione di un soggetto politico rivoluzionario nuovo, attraverso un processo complesso di scontri, rotture, esperimenti, aperture e riallineamenti.

“Non abbiamo previsto un’evoluzione lineare verso una forza anti-capitalista finita, ma piuttosto un processo contraddittorio. Quindi, per un’intera fase, abbiamo tentato di costruire una sinistra larga e plurale all’interno del partito, ottenendo a volte successi, ma evitando che queste iniziative si consolidassero e offrissero un orientamento omogeneo...

“Abbiamo investito le nostre forze nel gruppo di guida, in una relazione di lavoro con i compagni di maggioranza, consapevoli che questo era lo scenario migliore per la ricostruzione di un partito rivoluzionario, ma anche consapevoli che un avanzamento non era garantito e che le contraddizioni persistevano.” (16)

Nascosto dietro tutte le chiacchiere sui “processi complessi e contraddittori” vi è il semplice fatto che, per un periodo di 13 anni, il gruppo di Maitan ha sostenuto un partito politico che è servito come copertura di sinistra al sistema borghese, un partito che ha difeso la società borghese in ogni sua crisi profonda, e molto probabilmente sarà incluso nel prossimo governo italiano—nel caso che la coalizione di destra di Silvio Berlusconi perdesse le prossime politiche. Un esame serio del ruolo giocato da Rifondazione rivela che tale partito non è né uno “strumento” per la ”costruzione di un partito rivoluzionario”, né una “forza anti-capitalista”, ma piuttosto un ostacolo allo sviluppo di un orientamento socialista indipendente della classe lavoratrice.

La nascita di Rifondazione ebbe luogo nel 1991. A quel tempo, il Partito Comunista decise di sospendere il suo nome tradizionale, il simbolo di partito e qualsiasi altro elemento che lo associasse al suo passato comunista, per dichiarare la sua fedeltà alla socialdemocrazia. Due eventi avevano causato questo cambio di rotta. Il primo era la dissoluzione dell’Unione Sovietica, che rompeva finalmente i legami tradizionali fra il PCI e Mosca. Il secondo era l’implosione dei partiti dirigenziali tradizionali italiani, i Democristiani e i Socialisti, in seguito ad un grave scandalo di corruzione. Rompendo la sua associazione simbolica con il comunismo, il “nuovo” Partito Democratico di Sinistra (PDS) si accingeva a prendere la responsabilità di governo al fine di salvare un sistema borghese che era stato messo in profonda crisi.

All’interno del PCI, vi era una sezione che giudicò che questo spostamento si dirigeva troppo a destra. Temeva che tale mossa lasciasse un vuoto pericoloso a sinistra. Fu cosí che Rifondazione Comunista nacque. La nuova formazione includeva accaniti stalinisti sotto Armando Cossutta, i quali si erano fatti una reputazione per il loro allineamento a Mosca nella lotta contro l’eurocomunismo di Berlinguer. La nuova organizzazione tuttavia si aprí a numerosi gruppi radicali, alcuni dei quali avevano condotto con vigore delle agitazioni contro il PCI negli anni ’70.

Inizialmente, le aspettative del PDS non si concretizzarono. Nelle elezioni del 1994 fu Forza Italia di Berlusconi ad emergere e non il PDS. Berlusconi riuscí ad ottenere la maggioranza perché, per la prima volta nella storia italiana del dopoguerra, aveva incluso i neo-fascisti nella sua coalizione di governo. Tuttavia, il suo governo di destra riuscí a detenere il potere solo per pochi mesi prima della sua caduta, conseguenza di manifestazioni di massa contro le sue politiche economiche e di welfare.

Fu a questo punto che Rifondazione dimostrò la sua abilità politica per la prima volta. Per più di un anno, garantí la maggioranza parlamentare per il governo di transizione di Lamberto Dini, precedentemente ministro sotto Berlusconi e capo della banca centrale. Nei due anni seguenti, offrí supporto al governo di centrosinistra di Romano Prodi, senza parteciparvi direttamente. In questa maniera, Rifondazione garantí la maggioranza parlamentare necessaria per implementare drastici tagli a servizi sociali e al welfare, oltre a consolidare il bilancio e qualificare l’Italia per partecipare nel programma europeo di moneta comune—l’euro.

Nel 1998, Rifondazione sospese il suo supporto per Prodi, scatenando una crisi di governo che paradossalmente causò la formazione di un nuovo governo capeggiato per la prima volta dai successori del PCI. Massimo D’Alema, leader del PDS, formò una nuova maggioranza aprendo la coalizione di centrosinistra piú verso destra. Rifondazione a questo punto non era piú parte del governo e anzi assumeva un ruolo di opposizione. Conseguentemente, gli stalinisti veterani intorno ad Armando Cossutta si separarono dal partito per formarne uno nuovo—Comunisti Italiani—che continuava ad appoggiare il governo.

È ovvio che Maitan ed i suoi sostenitori celebrassero le manovre di Rifondazione come una svolta a sinistra che giustificava la loro linea politica. “Fausto Bertinotti dovrebbe essere lodato per capire che il partito rischiava di trovarsi in un vicolo cieco, ormai traballante e vittima di un’erosione irreversibile,” dichiarava Maitan. Sosteneva che Bertinotti aveva “deciso di intraprendere una campagna contro lo stalinismo e allo stesso tempo stimulare una riflessione strategica sulla base di un’analisi aggiornata dei tratti fondamentali e delle dinamiche del capitalismo in un’era di globalizzazione.” (7)

In realtà lo spostamento tattico del 1998 non aveva niente in comune con un orientamento fondamentalmente nuovo. La maggioranza che sosteneva Bertinotti aveva semplicemente capito che correva il rischio di cadere insieme col governo se avessero continuato ad appoggiare servilmente politiche cosí impopolari. Ciò avrebbe sottratto a Rifondazione la sua funzione principale: quella di deragliare la crescente opposizione alla politica di governo verso canali innocui.

Negli anni seguenti, Rifondazione si orientava sempre di piú verso il movimento no global, cercando di attrarlo a sé. La tendenza di Maitan era quella di sostenere con entusiasmo tale svolta, anche quando i rappresentanti del movimento no global respingevano esplicitamente una prospettiva socialista. Allo stesso tempo, il partito manteneva il suo orientamento verso una partecipazione di governo. Ciò divenne chiaro a giugno 2003. Subito dopo il fallimento di un referendum sull’estensione di leggi per la protezione sul lavoro in piccole fabbriche, indetto da Rifondazione, Bertinotti dichiarava alla stampa che il suo partito stava concentrando i suoi sforzi verso un accordo programmatico con il centro-sinistra per le prossime elezioni ed era anche pronto ad accettare ministeri di un futuro governo di centro-sinistra.

Fausto Bertinotti, leader di Rifondazione dal 1994, impersonifica la natura opportunista di questo partito. Nato nel 1940, fu per molti anni membro del PCI, ma non ne fu mai parte del gruppo dirigente. Si mise in luce come funzionario sindacalista nella fascia industriale del nord acquisendo una certa fama come sindacalista di sinistra. È molto esperto a formulare idee che risuonano di sinistra o perfino marxiste, ma in realtà la sua politica resta di natura opportunista. Ogni passo pratico è valutato sulla base delle sue conseguenze immediate. Considerazioni a lungo termine o sulla base di principi non fanno parte dell’elaborazione della sua linea politica. La sua retorica socialista punta solo ad adattarsi agli umori dei suoi sostenitori.

Maitan devolse molti sforzi al fine di ritrarre Bertinotti nella migliore luce. Sviluppò una relazione molto stretta con il leader di Rifondazione, con il quale ebbe estese conversazioni politiche fino a poche ore dal trapasso. I suoi elogi per Bertinotti ricordano un po’ lusinghe ad una corte feudale. Quattro anni fa, Maitan recensionò un nuovo libro di Bertinotti intitolato “Idee che non muoiono”. Encomiando il libro, scriveva: “Da parte nostra, siamo d’accordo con il giudizio di Bertinotti: la contraddizione cruciale di oggi sta precisamente nel fatto che è piú che mai necessario aggiungere all’agenda politica la prospettiva di esautorazione del capitalismo laddove la relazione di forze e la regressione della coscienza anti-capitalista costituiscono l’ostacolo maggiore.” (18)

Affermare che il leader di Rifondazione voglia “aggiungere all’agenda politica la prospettiva di esautorazione del capitalismo” è semplicemente assurdo alla luce delle sue politiche. Il partito stesso di Bertinotti è un ostacolo decisivo verso lo sviluppo di una prospettiva anti-capitalista.

Bertinotti a sua volta ha contracambiato il supporto di Maitan elogiandolo e scrivendo un’introduzione alla sua biografia, pubblicata nel 2002.

Maitan ha anche difeso la maggioranza intorno a Bertinotti dalle critiche dell’ala di sinistra del partito. La corrente Progetto Comunista respinge la possibilità di allearsi con l’alleanza di centro-sinistra e critica l’adesione al movimento anti-globalista da un punto di vista sindacalista. Il leader di Progetto Comunista, Marco Ferrando, disse che tale movimento “non dovrebbe essere trasformato in un mito.” Maitan controbatté accusando Ferrando di avanzare “una visione di setta del movimento anti-globalista.” Aveva deciso “di emarginarsi in relazione al processo di trasformazione storica nel PRC.” (19)

Indipendentemente da differenze isolate e critiche occasionali espresse da Maitan—sempre accompagnate da varie scuse—la sua tendenza Bandiera Rossa è un sostegno politico importante per Rifondazione e Bertinotti. Protegge il partito e la sua leadership da critiche da sinistra e previene uno sviluppo della classe lavoratrice verso un orientamento socialista indipendente. Né Maitan né i suoi sostenitori hanno mai avvertito la classe lavoratrice circa la natura opportunista e senza principi di questa organizzazione. Non hanno mai preparato la classe lavoratrice ad intraprendere una direzione socialista indipendentemente da Rifondazione. Solo due anni fa, Maitan decantava sull’International Viewpoint “il carattere speciale, anzi unico del partito nella storia del movimento operaio italiano.” Aggiungeva inoltre che “oggi sarebbe difficile trovare il suo equivalente non solo tra i partiti della sinistra europea, ma fra tutti i partiti che si identificano con la classe lavoratrice ed il socialismo in Europa e negli altri continenti.” (20)

Tutto fumo negli occhi. In realtà niente differenzia Rifondazione da altri partiti opportunisti, che mantengono un piede nel movimento di protesta e scioperi extra-parlamentari, mentre l’altro piede è saldamente ancorato alla vita politica ufficiale del sistema borghese. Il partito post-stalinista di Socialismo Democratico in Germania (PDS), i pablisti Ligue Communiste Révolutionnaire o il Partito Comunista in Francia, l’Alleanza Socialista in Inghilterra, e molti altri gruppi giocano un simile ruolo in una maniera o nell’altra. In periodi di profonda crisi sociale, tutti questi gruppi operano come sostegno di sinistra al sistema borghese. Non è una coincidenza che tutte queste organizzazioni mantengono legami con Rifondazione.

L’ultima apparizione internazionale di Maitan

Alain Krivine, membro del Segretariato Unificato e leader della LCR francese (Ligue Communiste Révolutionnaire), confermò che Maitan era il pioniere politico che aveva lanciato a livello internazionale la linea politica dell’“apertura” alle forze borghesi e piccolo-borghesi.

Nel suo obituario di Maitan, Krivine scrive: “Con la morte di Livio, un capitolo viene chiuso, ma grazie a lui uno nuovo è cominciato—quello di ‘aprirsi’... Sin dagli anni ’90, Livio ed altri leader dell’Internazionale avevano capito il fenomeno di decomposizione e riorganizzazione del movimento operaio rivoluzionario. Sapevano che ciò non poteva avvenire esclusivamente attraverso la Quarta Internazionale, e che era necessario contribuire alla nuova fondazione di un programma e di una forza anti-capitalista che spezzasse ogni legame con la socialdemocrazia e con il tradimento stalinista. La prospettiva ha già cominciato ad emergere assistendo la riorganizzazione delle forze anti-capitaliste, indipendentemente dalle loro tradizioni ed origini...” (21)

Ciò completa il quadro. Maitan portava l’orientamento politico scelto dal Segretariato Unificato nel 1953 alla sua conclusione logica. In quel periodo, Pablo respingeva la creazione di sezioni della Quarta Internazionale indipendenti con la scusa che era necessario integrarsi nel “vero movimento di massa” composto da partiti stalinisti, formazioni piccolo-borghesi nazionaliste ed altre organizzazioni che avevano acquisito una certa influenza nel periodo del dopoguerra. Senza alcuna esatta aspettativa da tali organizzazioni e con il crollo dell’Unione Sovietica, il Segretariato Unificato cerca di stabilire legami con altre forze, “indipendentemente dalle loro tradizioni ed origini.”

In pratica questo significa la completa integrazione nella politica borghese ufficiale. Fra le forze “anti-capitaliste” a cui Maitan si riferisce non v’è solo Rifondazione in Italia, ma anche il Partito Brasiliano dei Lavoratori (PT), che ha governato un paese di 175 milioni di abitanti negli ultimi due anni. Un membro della sezione brasiliana del Segretariato Unificato, Miguel Rossetto, è a capo del Ministero delle Riforme Agricole. Al quindicesimo Congresso Mondiale del Segretariato Unificato, l’ultimo in cui Maitan intervení, quest’ultimo dichiarò esplicitamente la sua approvazione di tale collaborazione.

Nel suo discorso di apertura annunciava: “Di principio, non abbiamo mai sofferto quella malattia fatale del movimento operaio che è il cretinismo parlamentare... Quindi non abbiamo timore di enfatizzare, come riflesso della nostra influenza in aumento, il fatto che nell’ultima decade abbiamo rappresentanti parlamentari eletti in una serie di paesi, dal Brasile alle Filippine, dalla Danimarca al Portogallo e al Parlamento Europeo. In Brasile, un compagno come Miguel Rossetto, le cui qualità e il cui spirito mlitante sono ben conosciuti, è oggi membro del governo che emerge dal successo popolare dell’elezione di Lula che non ha esempi nel passato. Miguel ha assunto una responsabilità cruciale con il compito di attuare una riforma agraria radicale, capace di generare una dinamica piú generale di rottura col sistema. Seguiremo e daremo supporto alla sua lotta, sostenuta da tutti i settori piú avanzati del PT e del MST [Movimento dei Lavoratori Rurali Senza Terra] e, anticipando con una certa angoscia l’estrema difficoltà dell’impresa, esprimiamo a lui in questo congresso la nostra piú cordiale solidarietà.” (22)

La profezia di Maitan di una “dinamica di rottura con il sistema” si è rapidamente rivelata una mera fantasia. Rossetto ha assunto le sue responsabilità ufficiali in un governo che continua ininterrottamente la politica neo-liberista del suo predecessore di destra. È un governo che ha vinto la fiducia della borghesia brasiliana e che ha ricevuto lodi dal Fondo Monetario Internazionale. Non è neanche “anti-capitalista” a parole. Il prestigio che il presidente Inácio “Lula” da Silva ha acquisito come sindacalista militante è sfruttato per accontentare la classe lavoratrice la quale minaccerebbe altrimenti di ribellarsi. I pablisti hanno un ruolo determinante in questo senso.

Se c’è una lezione che può essere tratta dalla vita di Maitan, è che non c’è sostituto per la paziente costruzione di un partito socialista internazionale che organizzi la classe lavoratrice sotto l’insegna della Quarta Internazionale indipendentemente da partiti borghesi e apparati burocratici. Tale partito diviene una potente fonte di attrazione quando si verificano condizioni di profonda crisi di capitalismo globale che si manifesta in attacchi permanenti ai diritti e al welfare di larghe fasce della popolazione e in guerre imperialiste come quella corrente in Iraq.

Note:

1) Leone Trotski, The Permanent Revolution, New Park, p.152
2) Citato da David North, The Heritage We Defend, Labor Publications, Detroit, 1988, p.185. Questo libro contiene un’estesa esposizione della scissione del 1953 e i conflitti fra il Segretariato Unificato e il Comitato Internazionale.
3) Livio Maitan, PCI 1945-1969: stalinismo e opportunismo, Roma 1969, p.195.
4) Ibid. p.201.
5) Ibid. p.199. (Enfasi aggiunta.)
6) LeoneTrotski, The Transitional Program, Labor Publications, New York, 1981
7) Intervista con F.Villani in: Yurii Colombo, Il movimento trotskista in Italia durante la stagione dei movimenti sociali, http://www.giovanetalpa.net/movtrot.htm
8) Quarta Internazionale, nov/dic. 1967
9) “Risoluzioni del Nono Congresso Mondiale sull’America Latina,” Quarta Internazionale maggio 1969
10) “Critiche delle Posizioni dell’SWP (USA) di Peng Shuzi, 16 marzo 1981
11) “La Quarta Internazionale, la rivoluzione cubana e Che Guevara” Inprekorr nº 318
12) Bandiera Rossa, 15 aprile 1968, citato da Yurii Colombo, op cit.
13) Bandiera Rossa, 1 aprile 1968, citato da Yurii Colombo, op. cit.
14) Quarta Internazionale n. 5-6, giugno 1972
15) Alain Krivine, “Ciao compagno!,” Rouge 30.9.2004
16) Flavia D’Angeli, “New turn for PRC,” International Viewpoint 359, May/June 2004
17) Livio Maitan, “Refounding Rifondazione,” International Viewpoint 340, May 2002
18) Livio Maitan, “On Fausto Bertinotti’s book,” International Viewpoint 326, December 2000
19) Livio Maitan, “Refounding Rifondazione,” International Viewpoint 340, May 2002
20) Livio Maitan, “Refounding Rifondazione,” International Viewpoint 340, May 2002
21) Alain Krivine, “Ciao compagno!” Rouge 30. September 2004
22) Livio Maitan, “Opening Speech of the Congress,” International Viewpoint 349, May 2003

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