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Italia: svolta a destra di tutti i partiti alla vigilia delle elezioni

Questo articolo è stato precedentemente pubblicato in inglese il 17 marzo 2008.

Il mese prima delle elezioni del 13 e 14 aprile, la campagna elettorale si intensifica. Nonostante la solita demagogia, è evidente che tutti i partiti istituzionali si sono aggregati e riorientati a destra. Nessuno nello schema politico attuale è in grado di articolare i problemi e le necessità dei lavoratori, né tanto meno di offrire una risposta seria.

Secondo recenti sondaggi, Silvio Berlusconi, l’uomo più ricco d’Italia e magnate dei mass media, ha buone prospettive di vittoria, mirando alla sua terza presidenza del consiglio. La sua coalizione di destra ha ottenuto il 44 per cento dei consensi, sette punti più del Partito Democratico di Walter Veltroni (37 per cento). I democristiani dell’UDC, finora alleati di Berlusconi, hanno l’8 per cento, mentre Sinistra Arcobaleno il 7 per cento. Quest’ultima consiste di una coalizione fra Rifondazione Comunista di Franco Giordano, i Verdi di Alfonso Pecoraro Scanio, il Partito dei Comunisti Italiani di Oliviero Diliberto e Sinistra Democratica di Fabio Mussi. Tutti codesti partiti facevano parte dell’uscente governo Prodi.

Fra gli elettori vi è molta incertezza. Un elettore su quattro—e in alcuni sondaggi uno su due—ancora non sa per chi voterà ad aprile, oltre al fatto che il sistema elettorale è alquanto complesso.

Berlusconi e il “Popolo della Libertà”

Berlusconi dirige il “Popolo della Libertà” (PdL), un amalgama del suo Forza Italia con i post-fascisti Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini. Il PdL si è alleato anche con la xenofoba Lega Nord.

La sua lista di candidati include anche noti fascisti de La Destra, come Alessandra Mussolini, nipote del duce, e Giuseppe Ciarrapico, uomo d’affari, editore di stampa e ex presidente della A.S. Roma, il quale ha già vari precedenti penali. Il 73enne Ciarrapico ha pubblicamente affermato la sua ammirazione per Mussolini in varie interviste. Sebbene la comunità ebraica e perfino l’alleato post-fascista Fini abbiano sollevato obiezioni alla partecipazione di Ciarrapico, Berlusconi resta suo sostenitore sulla base che egli è a capo di giornali “che non ci sono ostili”.

Al suo primo comizio, Berlusconi è rimasto fedele al suo ruolo di provocatore politico. Davanti ai suoi giubilanti sostenitori e alle telecamere, ha strappato il manifesto elettorale di Veltroni, affermando che, una volta che la sinistra va al governo, “il programma della sinistra diventa qualcosa...”.

Berlusconi rappresenta quella sezione della borghesia italiana più egoista e priva di scrupoli che si mimetizza facilmente fra gli elementi più criminali. La sua propaganda si appella agli istinti più barbari e retrogradi.

Tuttavia, il fatto che Berlusconi sia di nuovo riuscito a mobilitare voti non deriva solo dal suo controllo delle stazioni televisive, la cui bassezza di livello culturale è difficile da descrivere. In questa analisi è molto più importante il ruolo giocato dalla cosiddetta sinistra, la quale è più consistente di Berlusconi nel rappresentare gli interessi del capitale finanziario internazionale, dell’Unione Europea e dei grandi industriali italiani.

Il governo Prodi, che ha sostituito Berlusconi due anni fa col supporto di tutti i partiti di sinistra incluso Rifondazione, è riuscito a pareggiare i conti dello stato a spese della classe lavoratrice, ha privatizzato infrastrutture pubbliche e ha abbandonato il sistema pensionistico tradizionale. Nonostante ostinata opposizione popolare, ha implementato lo sviluppo di una base militare americana, ha rifinanziato la partecipazione militare italiana in Afganistan estendendola al Libano. Inoltre, al contrario di tutte le promesse fatte durante le elezioni del 2006, non ha rescisso nemmeno una delle “leggi-vergogna” di Berlusconi.

Il programma di Prodi, essenzialmente di destra e ripudiato dalla maggioranza degli italiani, è collassato dopo due anni. Dopo tutte le promesse elettorali, ha lasciato che le forze più reazionarie dirigessero le operazioni. È stata una crisi dei democristiani a causare la sua caduta. La reazione di Prodi e dei suoi alleati di sinistra è stata quella di spostarsi ancora di più a destra.

Walter Veltroni e il Partito Democratico

Prodi si è ritirato dalla politica lasciando il campo libero per Veltroni. Durante quest’ultimo anno, copiando il modello delle primarie americane, Veltroni, sindaco di Roma e precedentemente funzionario del Partito Comunista Italiano, si è fatto eleggere leader del Partito Democratico—un partito che non esisteva un anno fa e che veniva creato come aggregato di ex stalinisti confluiti nei Democratici di Sinistra e di cattolici borghesi della Margherita. Le primarie furono aperte a tutti, indipendentemente dal supporto del nuovo partito.

Ora Veltroni oppone Berlusconi in una sorta di duello “uomo a uomo”. Ha rifiutato una coalizione con quella sinistra che il governo Prodi conteneva. Tale sinistra ha a sua volta creato Sinistra Arcobaleno. Veltroni si presenta come un Barack Obama all’italiana. Utilizza la sua stessa retorica di “cambiamento” e ha adottato perfino il suo slogan elettorale: “Si può fare! (per Obama “Yes, we can!”).

Il programma di Veltroni, come quello dei democratici americani, è pro-capitalista e di destra. In politica economica, presenta una linea neoliberale. Avalla un taglio delle tasse e una riduzione del debito pubblico attraverso la svendita di beni dello stato. Chiede demagogicamente la deportazione dei “criminali stranieri”. Ha espresso preferenze per l’avvocato Pietro Ichino come ministro del lavoro, il quale asserisce che nuovi posti di lavoro possono essere creati attraverso misure che rendano flessibile l’impiego (è un sostenitore della famigerata legge Biagi). Supporta inoltre la revisione dell’articolo 18 al fine di estendere la legalità dei licenziamenti. Quest’ultimo fu uno dei progetti chiave di Berlusconi.

Imitare Obama non ha ottenuto i risultati desiderati e i dati statistici preelettorali rimangono bassi per Veltroni. Ora ha adottato un’immagine più “sociale”. “Il Partito Democratico è il partito dei lavoratori e di coloro che producono”, ha detto a fine febbraio alla presentazione dei candidati di partito. Oltre a giovani imprenditori, fra i candidati vi si trovano ora anche operai “esemplari”, come ad esempio la 33enne palermitana Loredana Ilardi, che lavora per €700 al mese in un call center, e operaio Antonio Boccuzzi all’acciaieria Thyssen di Torino.

Boccuzzi è uno dei superstiti del disastroso incendio alla Thyssen Krupp che costò la vita a sette operai lo scorso dicembre. Le condizioni di sicurezza dell’ambiente di lavoro industriale sono uno dei soggetti più scottanti in Italia. Nel 2006 ben 1341 persone sono morte sul luogo di lavoro, più di tre al giorno.

Walter Veltroni non ha alcuna intenzione di invertire il corso della politica di deregolamentazione che inevitabilmente espone i lavoratori a pericoli sul posto di lavoro e che ha causato un aumento di infortuni in tutti i paesi europei negli ultimi anni.

Altri candidati sulla lista di Veltroni sono il giovane imprenditore Matteo Colaninno, presidente nazionale dei Giovani Imprenditori di Confindustria e vice-presidente della Piaggio, e Luigi De Sena, capo della polizia di Reggio Calabria. In tale lista vi è una componente di cattolici prominenti, come la senatrice Paola Binetti del Teodem, famosa per la sua affiliazione e collaborazione con l’Opus Dei, o ministri uscenti Rosy Bindi e Arturo Parisi.

Veltroni ha promesso di creare un “business al giorno”. Ad un incontro con commercianti e artigiani ha annunciato che, una volta eletto, ridurrebbe il peso fiscale e burocratico che grava sulle piccole e medie imprese e sui liberi professionisti.

Al fine di attrarre attenzione dai mass media, Veltroni ha annunciato l’introduzione dello stipendio minimo di €1000 al mese. Secondo vari sondaggi, un italiano su due considera che i principali problemi in Italia siano salari bassi e pensioni irrisorie. Veltroni ha anche promesso che lo stato pagherebbe €2500 per ogni bambino nato, oltre a fornire strutture di assistenza per bambini poveri. In risposta alle accuse di Beppe Grillo sulla corruzione della classe politica italiana, Veltroni ha ora promesso che solo persone incensurate possono diventare parlamentari.

Sinistra Arcobaleno

Sia il patto di Berlusconi con i fascisti che gli sforzi di Veltroni a presentare un programma di destra con un “tocco” di sociale hanno l’effetto di ricondurre la Sinistra Arcobaleno dietro Veltroni. La coalizione dell’Arcobaleno si è costituita solo perché Veltroni li ha ripudiati. Ora si sentono sempre più spesso suggerimenti di supporto a Veltroni per “motivi tattici”.

Finora, la Sinistra Arcobaleno non è riuscita a raggiungere un accordo su un programma unificato. Il loro slogan “non lasciate che vinca Berlusconi” rappresenta palesemente il minimo comun denominatore.

Il candidato principale è Fausto Bertinotti, ex segretario di Rifondazione e presidente uscente della Camera dei Deputati. In una critica amichevole nei confronti di Walter Veltroni, asserì che “tra l’operaio della Thyssen e l’imprenditore, uno è di troppo”. Da parte sua, Rifondazione ha detto addio alla classe lavoratrice due anni fa quando entrò nel governo Prodi, a cui Bertinotti diede il suo supporto fino alla fine.

L’attuale segretario Franco Giordano ha sostenuto dall’inizio che l’alleanza Arcobaleno non ostruirà il successo elettorale di Veltroni e che la sfida con il PD sarà fatta in “toni civili” e volta a “evitare elementi distruttivi”. Giordano ammette che “tra noi e il PD si è aperta una sfida a chi rappresenta meglio l’alternativa a una destra aggressiva e pericolosa”, confermando la strategia opportunista di Rifondazione secondo la quale l’obiettivo è quello di fermare Berlusconi. Similmente, Diliberto commenta: “Sarà una sfida tra due formazioni, una sfida leale e leale speriamo che sia il confronto”.

La politica di “supporto critico per Veltroni” è formulata in maniera particolarmente chiara da Alfonso Pecoraro Scanio, leader dei Verdi e ex ministro dell’ambiente, il quale asserisce che una marcia separata impedirà di vincere e che Arcobaleno abbia la responsabilità di assicurare che le due parti del blocco di sinistra-centro-sinistra, il PD e Sinistra Arcobaleno, giungano ad un accordo al fine di sconfiggere la destra di Berlusconi.

La possibilità di una grande coalizione

Una sezione dei mass media benverrebbe Veltroni come leader di un nuovo governo borghese di centro, senza sbilanciarsi troppo a suo favore. Il 10 febbraio, La Repubblica ha pubblicato un commento scritto dal suo fondatore Eugenio Scalfari intitolato “Il patto democratico tra operai e borghesia”.

Nel suo articolo, Scalfari avalla un sistema bipartitico condannando l’influenza dei partiti più piccoli. Secondo lui, essi dovrebbero essere eliminati attraverso riforme elettorali che stabiliscano un’alta percentuale di voti necessaria per l’entrata in parlamento. Scalfari inoltre suggerisce l’introduzione delle primarie all’americana.

Per lui, un compito fondamentale di un nuovo governo sarebbe una riforma economica, da sviluppare attraverso una commissione di esperti che continuerebbero a lavorare all’interno della cornice politico-economica impostata da Prodi: liberalizzazione nella forma di privatizzazione e aumento della flessibilità del mercato del lavoro, riduzione di imposte, il rifinanziameento dei salari (ossia lo stato assume certi costi del lavoro diminuendo il peso gravante sulle aziende), l’apertura del mercato del lavoro a specialisti altamente qualificati dall’estero.

Al fine di implementare tutto ciò, Scalfari esige la “collaborazione tra governo, sindacati, imprenditori, commercianti, agricoltori, banche”—ciò che egli chiama “Capitalismo democratico e nuovo patto sociale”.

Scalfari considera inoltre che la cooperazione dei due blocchi politici sia necessaria. La “collaborazione tra le parti politiche contrapposte è invece necessaria laddove si parli di riforme istituzionali e costituzionali”, afferma. Ciò include riforme elettorali e giudiziarie” e l’affermazione del principio di Senato federale. Il carattere borghese dei Democratici di Veltroni è, secondo lui, indubbio: “Il Partito Democratico - così mi sembra - sfida oggi una destra demagogica e interpella quel poco che c’è di autentica borghesia produttiva...”

Scalfari non è in favore di una grande coalizione, anzi la descrive come un ostacolo più che un beneficio. Sebbene da tale prospettiva, la possibilità ovviamente è contemplata. Perfino Berlusconi stesso non esclude la possibilità di cooperazione con Veltroni. I due hanno discusso sul soggetto alcuni mesi fa.

Il 22 febbraio Berlusconi diceva in televisione che se “il risultato fosse vicino a quello di due anni fa, come allora proposi alla sinistra una grande coalizione, non avremmo nessuna esitazione a ripetere l’invito, anche se avessimo noi la maggioranza. Il Paese ha bisogno di vasta concordia”. Due anni fa, Prodi ottenne una maggioranza netta alla Camera, mentre marginale al Senato, causando difficoltà di ottenere maggioranze legislative. Berlusconi ovviamente sta preparandosi all’idea di una grande coalizione o alla possibilità di creare un governo istituzionale qualora dopo le elezioni affrontasse difficoltà simili a quelle dell’ultimo governo Prodi.

La Repubblica riporta le sue parole al riguardo: “Se la maggioranza al Senato non sarà ampia, io non farò come Prodi”. In nessuna circostanza vorrà essere “cotto come Prodi...a fuoco lento nell’aula del Senato battagliando con gli ‘assenti’ o i ‘traditori’. Con i senatori a vita e con gli eletti all’estero”. Continua dicendo: “Senza una coalizione forte, in Italia non si può fare niente. Contro la sinistra, contro i sindacati, non si riesce a fare niente”. Si parla quindi di un governo delle larghe intese.

Secondo La Repubblica, Berlusconi sta vagliando la possibilità di un governo istituzionale di “tecnici” con il supporto di entrambi i blocchi politici. Alcune settimane fa tale suggerimento veniva da lui scartato a priori mentre insisteva sulla necessità di nuove elezioni. Ora ha indicato Mario Draghi, Governatore della Banca d’Italia, come possible capo di un governo istituzionale. Berlusconi lo definisce l’uomo giusto per riordinare i conti pubblici.

Draghi è un socio nella banca d’affari Goldman Sachs, ex ministro delle finanze e ex direttore esecutivo della Banca Mondiale. Ha presieduto il Comitato di Privatizzazioni, diventando protagonista del processo di svendita delle imprese pubbliche, fra le quali l’IRI e l’ENEL. Fu lui a introdurre la legge Draghi nel 1998 che facilitò l’acquisizione da parte della Goldman Sachs dell’ENI.

Secondo fonti mediali, Berlusconi ha già condotto conversazioni segrete con Veltroni a novembre scorso dopo aver mangiato insieme in una stanza appartata di un albergo a Roma. Berlusconi ha promesso al partito di Veltroni una delle due cariche di giudice costituzionale e ha garantito che, sotto un governo Berlusconi, una delle due camere sarebbe presieduta da un Democratico. Massimo D’Alema, ministro degli esteri uscente diessino, potrebbe essere il nuovo presidente della Camera dei Deputati.

In maniera simile, Prodi aveva integrato Rifondazione nel suo governo offrendo a Bertinotti la presidenza della Camera.

Queste macchinazioni dietro le scene, questi accordi segreti, che sono in netto contrasto con il clamore della campagna elettorale, sono un avvertimento esplicito per la classe lavoratrice: per i lavoratori italiani non farà alcuna differenza quale dei due blocchi vinca le elezioni di aprile. Non è più possible evitare la necessità di costruire un partito di lavoratori indipendente che combatta insieme con il resto della classe lavoratrice internazionale al fine di abolire il capitalismo e implementare un programma socialista.