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Enrico Letta (PD) tenta di formare nuovo governo

Questo articolo è stato precedentemente pubblicato in inglese il 25 aprile 2013

Dopo la rielezione da parte del Parlamento del Presidente Giorgio Napolitano (Partito Democratico-PD) per un secondo mandato senza precedenti, Napolitano ha ieri nominato Enrico Letta come primo ministro designato. Letta, secondo in comando del PD fino alle dimissioni in massa dei dirigenti nazionali del PD durante il fine settimana scorso, tenterà ora di formare un governo.

L’Italia è senza governo dalle elezioni di febbraio, che hanno prodotto uno stallo parlamentare. Il voto è stato un clamoroso rifiuto delle politiche di austerità che il primo ministro tecnocrate Mario Monti ha messo in atto con il sostegno dell’Unione Europea (UE). Al Senato, il PD ha vinto 119 seggi, il Popolo della Libertà (PdL) di Silvio Berlusconi 117, il Movimento 5 Stelle (M5S) del comico populista Beppe Grillo ne ha vinti 54 e il Movimento Scelta civica di Monti (SC) solo 18.

Al momento di lasciare il palazzo presidenziale, Letta ha indetto un colloquio con tutti i maggiori partiti italiani e ha detto che, nel costruire una coalizione di governo, si trovava di fronte a un “tentativo complicato e difficile”. Ha definito tale responsabilità come “anche più forte e più pesante della capacità delle mie spalle di reggerla.”

I colloqui per la formazione del governo dovrebbero iniziare domani. Se Letta riesce a formare un governo, la lista dei ministri proposti potrebbe essere presentata al Parlamento per il voto di fiducia la settimana prossima.

Dopo la nomina di Letta, i principali partiti politici italiani stanno cercando di mettere insieme una dittatura parlamentare, per continuare ad imporre i tagli sociali massicciamente avversati dalla classe lavoratrice.

L’87enne Napolitano, che ha iniziato la sua carriera nel Partito Comunista Italiano stalinista (PCI), ha minacciato di dimettersi, se i partiti non si accordano per continuare le “riforme” economiche. Il PD, il PdL di Berlusconi e la SC di Monti hanno tutti indicato che collaborerebbero con un primo ministro designato da Napolitano.

Sembrerebbe che Letta stia considerando il Direttore Generale della Banca d’Italia, Fabrizio Saccomanni, come ministro dell’economia; Enrico Giovannini, capo dell’ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica) quale ministro dell’industria e Monti stesso come ministro degli Esteri.

Letta ha blandamente criticato le politiche di austerità dell’UE che hanno devastato l’Italia, la Grecia e altri paesi, dicendo: “La politica europea di austerità non è più sufficiente.” L’intera carriera di Letta, tuttavia, dimostra che, anche se dovesse adeguare le politiche di Monti, egli continuerà l’assalto alla classe lavoratrice.

Nipote di Gianni Letta, principale consigliere di Berlusconi, Enrico Letta ha iniziato la sua carriera come membro della Democrazia Cristiana e del Partito Popolare Italiano (PPI) nel 1990. Era un funzionario di rango superiore del Tesoro negli anni 1996-2001, durante il governo di coalizione dell’Ulivo, che aveva il supporto del PPI e del Partito della Sinistra Democratica (PDS), il partito più grande ad emergere dal crollo del PCI.

Letta ha aiutato a formulare le politiche italiane del governo dell’Ulivo, per adempiere alle linee guida finanziarie necessarie per la partecipazione all’euro, moneta lanciata nel 2002. Queste politiche finanziarie includevano in primo luogo i tagli pensionistici del 1997, volti a limitare la spesa pubblica.

Dopo il collasso del governo dell’Ulivo nel 2001, Letta ha occupato vari alti incarichi in gruppi d’influenza politica; nel 2006 come segretario di Stato ed aiutante del Presidente del Consiglio Romano Prodi e successivamente nel PD, formatosi nel 2007, quando PDS e PPI si fusero.

Letta dal canto suo elogiò il tecnocratico governo Monti, quando fu installato nel novembre 2011, per “partire con il piede giusto” nell’ includere le donne e promuovere la “crescita” economica. Tuttavia, l’anno scorso, sotto l’impatto dei tagli di Monti, l’economia italiana si è contratta del 2, 4 per cento, con i nuovi ordini industriali caduti del 7, 9 per cento nell’anno calcolato a partire dal febbraio del 2012.

I mercati finanziari hanno reagito positivamente alla scelta di Letta da parte di Napolitano abbassando i tassi di interesse praticati sul debito dello stato italiano. Il quotidiano economico francese Les Echos ha detto di Letta, “Un uomo che resta nell’ombra, … è considerato uno dei migliori cervelli del PD ... È un convinto europeo la cui carriera ispira fiducia.”

Monti stesso ha applaudito alla scelta di Letta del presidente Napolitano. Ha aggiunto: “Grazie all’articolata e significativa esperienza già maturata malgrado la giovane età in campo politico, culturale e sociale, il presidente Letta saprà guidare efficacemente l’Italia nell’impegnativo percorso di riforme istituzionali ed economiche… riuscirà anche a consolidare la credibilità dell’Italia sul piano internazionale”

Le manovre di Napolitano e Letta sono di nuovo un’ulteriore indicazione del fallimento della classe politica italiana. Sotto il governo Monti, il PD e il PdL hanno cercato di nascondere il loro sostegno parlamentare per i tagli di Monti dietro affermazioni che quello di Monti era un governo “tecnocratico”, e non un governo di partiti politici. La crescente opposizione all’austerità nella classe lavoratrice e la sconfitta di Monti nei sondaggi stanno convergendo per smascherare questa cinica pretesa che il PD e il PdL non hanno sostenuto l’agenda Monti.

E’ significativo notare che è proprio il PD, il maggior partito borghese di “sinistra”, che sta portando avanti l’iniziativa di formare un altro governo pro-austerità. Le dimissioni dal PD del segretario ex-stalinista Pier Luigi Bersani venerdì, seguite da quelle di tutta la dirigenza del PD, segnano il crollo dei tentativi di organizzare un governo PD escludendo il PdL di Berlusconi. Adesso il PD passa il potere ai suoi elementi cristiano-democratici, e saranno questi ad organizzare un governo appoggiato anche da Berlusconi.

Ciò espone più di una semplice vuota ipocrisia dei partiti borghesi di “sinistra” con i loro tentativi di puntellare un consenso, che sta velocemente sparendo, facendo appelli morali al disgusto degli elettori per la corrotta carriera di Berlusconi e i suoi legami mafiosi.

Dal punto di vista delle questioni economiche c’è ormai poca differenza tra “destra” e “sinistra” nella politica del capitalismo italiano. Dopo aver perso completamente la base lavoratrice del PCI, dopo la caduta dell’URSS, i vari partiti italiani di “sinistra”, che sono emersi dal crollo del PCI sono diventati partiti pro-business. (vedi: “Rifondazione Comunista si presenta alle elezioni come partito borghese"). Dallo scoppio della crisi economica del 2008, essi hanno intrapreso una guerra inesorabile contro la classe lavoratrice.

Le caratteristiche centrali della situazione attuale sono la completa deprivazione dei diritti politici della classe operaia e, col crescente malcontento popolare, la altrettanto crescente probabilità che questo sfocerà in lotta aperta contro l’intero establishment politico.

Larghe fasce della classe dirigente temono un tale sviluppo, incluso la celebrità populista Beppe Grillo del M5S, che ha criticato i maggiori partiti e che, fino ad ora, si è rifiutato apertamente di firmare alleanze con loro. (vedi: “Il significato politico del Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo")

Inizialmente aveva denunciato la reinstallazione di Napolitano come “golpe di stato” e aveva chiesto alla popolazione di rifiutare di riconoscerlo. Tuttavia si è poi tirato indietro, temendo proteste contro il governo.