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Nuova crisi di governo dopo le dimissioni di cinque ministri

Questo articolo è stato precedentemente pubblicato in inglese il 30 settembre 2013

Ad appena cinque mesi dal suo insediamento il governo sta per crollare. Sabato scorso, la coalizione di governo, comprendente PD e PdL, guidata da Enrico Letta, è andata in frantumi, quando tutti i cinque ministri Pdl si sono dimessi, obbedendo alla richiesta del loro leader, ed ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, di far cadere il governo.

Poco prima, Letta (PD) aveva richiesto il voto di fiducia per martedì, dichiaratamente per stabilire una chiara maggioranza di governo. Stava rispondendo alla minaccia del PdL di lasciare il governo se Berlusconi fosse stato escluso dal Senato.

Come giustificazione per la decisione di ritirarsi dal governo Letta, il Pdl ha citato la propria opposizione agli aumenti delle imposte di Letta, che il Pdl aveva criticato durante la campagna elettorale. Berlusconi ha pubblicato una lettera invitando i ministri PdL a dimettersi, “per non rendersi complici, e per non rendere complice il Popolo della Libertà, di una ulteriore odiosa vessazione imposta dalla sinistra agli italiani.”

A parte il maneggio di lanciare un appello populista al malcontento contro la reazionaria agenda sociale del governo Letta, lo scopo di Berlusconi è di eludere le conseguenze politiche della sua condanna di agosto, per evasione fiscale, a un anno di sospensione dall’attività politica e gli arresti domiciliari. A metà settembre Berlusconi ha anche perso il processo per l’accusa di corruzione di giudici. Ulteriori processi per sesso con minorenni e per corruzione di deputati parlamentari dovrebbero concludersi quanto prima.

La commissione parlamentare delle immunità politiche a metà settembre si era pronunciata contro Berlusconi; venerdì la Camera dei Deputati dovrà prendere la decisione finale se Berlusconi potrà o meno conservare l’immunità parlamentare.?Giovedì scorso parecchi deputati PdL hanno dato le dimissioni, per protestare contro l’esclusione di Berlusconi dal Senato.

Letta, che la scorsa settimana ha partecipato all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York, ha annunciato un voto di fiducia subito dopo il suo ritorno. Poi, sabato, il suo vice, confidente di Berlusconi Angelino Alfano (Pdl), ha annunciato le dimissioni di tutti i cinque ministri PdL.

La crisi di governo avviene nel mezzo di una profonda crisi economica e politica. L’Italia si trova nella più lunga recessione della sua storia ed è caduta profondamente in debito. Il Fondo Monetario Internazionale predice che l’economia italiana si contrarrà dell’1, 8 per cento quest’anno. Il debito pubblico è pari a oltre € 2.000.000.000.000 (2 trilioni di euro), ossia oltre 130 per cento del prodotto interno lordo (PIL). Si prevede che il nuovo debito salirà al di sopra del limite stabilito da Maastricht del 3 per cento del PIL.

Letta ha minacciato che la crisi politica continuerà a far alzare il costo del denaro per il governo italiano, facendo precipitare l’Italia nel caos. Il tasso di interesse dei titoli di stato decennali è recentemente salito al 4, 5 per cento.

Il governo ha bisogno di altri € 84 miliardi l’anno, solo per pagare gli interessi sul debito, questo rappresenta oltre il 10 per cento della spesa pubblica totale (€ 808 miliardi).?Il governo deve presentare un cosiddetto bilancio di stabilità per il 2014 entro il 15 ottobre; detto bilancio dovrà soddisfare i requisiti delle norme EU.

Il nuovo bilancio 2014 deve affrontare un buco di € 6 miliardi di euro.?Il governo Letta sta quindi progettando nuovi attacchi contro i lavoratori.?Da martedì 1 ottobre, l’IVA verrà alzata dal 21 al 22 per cento, generando un introito di € 1 miliardo.?Altri due miliardi e mezzo arriveranno dalla tassa immobiliare sulla prima casa, che il partito di Berlusconi aveva bloccato in precedenza.

Il governo ora vuole parzialmente privatizzare le imprese statali; Letta ha utilizzato la visita a New York per acquisire investitori stranieri.?La società spagnola Telefonica vuole venire a bordo di Telecom Italia, e Air France vuole aumentare la sua quota di Alitalia al 50 per cento. Le vendite di queste due imprese saranno legate a tagli profondi, con una stima di 16.500 posti di lavoro persi a Telecom Italia e 2.000 ad Alitalia.

Queste misure creeranno ulteriore disoccupazione. Ufficialmente la disoccupazione si attesta al 12, 5 per cento, dopo essere salita dell’ 1, 5 per cento rispetto allo scorso anno; però questi dati sottovalutano massicciamente l’entità vera della disoccupazione; visto che chiunque abbia lavorato almeno un’ora nell’ultima settimana viene conteggiato come “lavoratore autonomo.” La disoccupazione è di circa due volte la cifra ufficiale.

E con tutto questo la disoccupazione giovanile è a uno sbalorditivo 39, 5 per cento, 10 per cento in più di due anni fa. Circa 600.000 persone hanno perso il lavoro nel corso dell’ultimo anno.

Tutto ciò ha innalzato la tensione al punto di rottura. Per questa ragione, i politici più prominenti sono contrari a nuove elezioni.

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha criticato aspramente il Pdl e ha invitato il governo a serrare i ranghi. Il Paese ha bisogno di un governo stabile, ha detto Napolitano; che ha continuato dicendo “nuove elezioni sono solo l’ultima spiaggia; abbiamo bisogno di un parlamento che dibatta e lavori, ma che non continui a dissolvere se stesso. Non abbiamo bisogno di questa campagna elettorale costante. Il governo ha bisogno di continuità. ”

C’è l’eccezione di Beppe Grillo, che ha scritto che Napolitano è da biasimare per la crisi e che non dovrebbe opporsi a nuove elezioni.

Il Movimento 5 Stelle di Grillo è, se possibile, ancora più a destra politicamente rispetto ai partiti di governo. Egli ha da tempo chiesto tagli drastici al bilancio dello Stato. In una recente intervista con il giornale Tedesco “Zeit”, Grillo ha definito i problemi dell’Italia come segue: “Il nostro problema è che abbiamo 9 o 10 milioni di pensionati e quasi 5 milioni di dipendenti statali, alcuni di questi votano per Berlusconi, gli altri per i Democratici di Sinistra (PD). ”

Il resto degli italiani voterebbe per lui, Grillo, e lui è pronto a formare un governo da solo, usando la vecchia legge elettorale antidemocratica. Questa legge assegna un “premio di maggioranza” per il partito che vince il maggior numero di voti, anche se non ha raggiunto la maggioranza assoluta. La legge elettorale è “assolutamente ingiusta”, Grillo ha detto: “Voglio abolirla e introdurre la rappresentanza proporzionale, ma solo dopo aver trionfato sotto la legge elettorale in corso.”

Guglielmo Epifani, leader dei Democratici ed ex leader sindacale CGIL, definisce le dimissioni dei ministri Pdl come l’ultimo atto nel crollo di un governo di litiganti. Era seduto con Nichi Vendola e altri politici di centro-sinistra sul podio di un convegno a Torre del Greco in provincia di Napoli, quando è scoppiata la crisi di governo.

Epifani ha anche messo in guardia contro nuove elezioni, che porterebbero solo rinnovata instabilità. Insieme a Vendola, egli sostiene il raggruppamento della “sinistra”, per consentire la formazione di un governo senza Berlusconi. Epifani ha detto che il Partito Democratico non poteva più partecipare ad un governo che può essere paralizzata da minacce e ricatti.

Vendola, capo di SEL, originario di Rifondazione Comunista, e Presidente della Regione Puglia, ha invitato il PD a dare “una risposta ferma”. Ha detto che bisogna “dare una risposta forte e il mio appello al Pd a chiudere un alleanza con il caimano. Si trovi una maggioranza in Parlamento per la legge elettorale e per la legge di Stabilita’”

Alla Camera dei Deputati, i democratici hanno una larga maggioranza, ma al Senato hanno bisogno dei voti dei rappresentanti del PdL, o di una parte dell’opposizione, per formare una coalizione di governo. Potrebbero sperare di vincere uno strato di fuorusciti dal PdL, che è malamente diviso al suo interno.

Durante il fine settimana, Berlusconi ha ribattezzato il suo partito “Forza Italia”, il nome del partito populista col quale aveva vinto le elezioni del 1994, e che si era unito ai “post-fascisti” per formare il PdL nel 2009, evidentemente sperando di fare un simile appello populista. Napolitano e Letta sperano di vincere, in un loro cambiamento di parte, alcuni membri e deputati del PdL che non vogliono aderire al nuovo Forza Italia.