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Papa Giovanni Paolo II: un obituario politico

Quest’articolo è stato precedentemente pubblicato in inglese il 6 aprile 2005

Fra il bombardamento mediale che ritrae Papa Giovanni Paolo II come un santo contemporaneo e presenta senza critiche la sontuosità e il misticismo del funerale vaticano, quasi nulla di serio è stato detto sulla personalità di Giovanni Paolo II o del suo vero ruolo nella storia contemporanea. Le questioni politiche che hanno dominato la vita di Karol Joseph Wojtyla e che hanno caratterizzato il suo papato di 27 anni sono appena sfiorate.

La Chiesa Cattolica Romana è stata un bastione di reazionarismo politico per secoli, prima come un asse portante del sistema feudale, quando oppose la Riforma Protestante, e più tardi come protettrice dell’ordinamento borghese. Indipendentemente dalle qualità individuali dell’uomo che siede sul trono della Chiesa, il suo ruolo è intensamente politico.

Nella persona di Giovanni Paolo II, il papato ha trovato una figura che combinava idee profondamente reazionarie—sia in politica che in religione—con una considerevole esperienza nel destreggiarsi con stati capitalisti e con regimi stalinisti. Ha utilizzato quell’esperienza per giocare un ruolo chiave negli eventi convulsivi dell’ultimo quarto di secolo.

Karol Joseph Wojtyla è nato il 18 maggio 1920 nella città di Wadowice in Polonia, figlio di un ex ufficiale dell’Impero Austriaco. Perse la madre all’età di 9 anni e il padre a 21. Considerato un buono studente, iniziò gli studi di filosofia e letteratura a Cracovia nel 1938 e sviluppò un fervido interesse per il teatro. Sotto l’occupazione tedesca, fu costretto ai lavori forzati. Durante questo periodo decise di diventare prete. Nel 1942 si iscrisse al seminario clandestino nell’Arcidiocesi di Cracovia.

Il primo novembre 1946 venne ordinato sacerdote. Trascorse i due anni successivi a Roma, dove conseguí un dottorato in teologia e misticismo di San Giovanni della Croce. Continuò gli studi in Polonia. Dopo la sua laurea, assunse l’incarico di insegnante all’Università Cattolica di Lublino nel 1954.

Il 28 settembre 1958 divenne vescovo e nel 1964 arcivescovo di Cracovia. Il 1958 fu un anno critico nella vita e nel destino del Vaticano. La morte di Papa Pio XII quell’anno mise fine ad un regno che aveva screditato la Chiesa in seguito alla collaborazione del papa con vari regimi fascisti in Spagna, Italia e Germania, e al rifiuto del Vaticano di opporre lo sterminio degli ebrei europei.

Pio XII veniva succeduto da Papa Giovanni XXIII (1958-1963) e Paolo VI (1963-1978), i quali sollecitarono cambiamenti sostanziali nel rito cattolico e nella pratica religiosa, inclusi il comportamento della massa riguardo la lingua parlata e altre riforme liberali. Giovanni XXIII e Paolo VI inoltre cercarono di dissociare la Chiesa dall’anti-semitismo che era stato implicito nella dottrina cattolica.

Nella sua funzione di arcivescovo di Cracovia, Wojtyla entrò in diretto conflitto con il regime stalinista. Wojtyla non mise in discussione la politica di regime, piuttosto insistette che la Chiesa Cattolica mantenesse la sua influenza ideologica. Cosí riuscí ad assicurare la costruzione di una chiesa nella città industriale di Nova Huta. Nel 1967, Wojtyla veniva nominato cardinale.

L’elezione di Wojtyla a papa il 16 ottobre 1978 venne percepita come un fenomeno sensazionale. Per la prima volta in 455 anni, da quando cioè l’olandese Adriano VI occupò il trono di San Pietro per un anno, un papa straniero era a capo della gerarchia cattolica. Dopo diverse fumate nere risultanti dall’irrisolta gara fra due aspiranti italiani, nell’ottavo ballottaggio 94 dei 111 cardinali votarono in favore del candidato polacco. A 58 anni di età, il nuovo papa era insolitamente giovane.

Il significato politico di questa decisione era inequivocabile. Dalla fine degli anni ’60, sia gli stati capitalisti dell’Europa Occidentale che quelli dell’Est dominati dallo stalinismo erano stati frequenti campi di violente battaglie sociali. I predecessori di Wojtyla, Giovanni XXIII e Paolo VI, avevano cercato di rispondere a queste sommosse sociali con riforme della dottrina della Chiesa e del regime interno.

Nella prima metà degli anni ’60, il Concilio Vaticano Secondo apriva la via ad un certo allentamento dei dogmi della Chiesa e ad un accettazione di un ruolo più determinante per vescovi e laici. Giovanni XXIII aveva anche introdotto una politica più rilassata verso l’Unione Sovietica, e la sua iniziativa veniva continuata dal Paolo VI. Entrambi cercarono di stabilire un rapporto di cooperazione più stretto con i regimi stalinisti.

Albino Luciani, il quale con il nome di Giovanni Paolo I prendeva il posto di Paolo VI nel 1978, voleva continuare questo percorso. Ma dopo soli 33 giorni dalla sua nomina, il nuovo papa veniva trovato morto nel suo letto. Le circostanze esatte della sua morte non vennero mai chiarite poiché il Vaticano si rifiutò di permettere un’autopsia.

La presa del potere più alto nella Chiesa da parte di Wojtyla rappresentò una svolta ideologica e politica. Il nuovo capo della Chiesa veniva presto osannato come un papa per la restaurazione, che cambiava la Chiesa più apertamente in una forza di opposizione allo spirito modernista dei tempi. Promosse un culto per i santi e la Madonna, a cui era personalmente dedicato, professò una rigida moralità sociale, rafforzò l’autorità di Roma sulle diocesi, e disciplinò numerosi critici teologi. Politicamente, la nomina di un papa polacco rappresentava una sfida alla leadership di Mosca sotto Leonid Brezhnev.

Il Papa e Solidarnosc

Al tempo dell’elezione papale, il conflitto fra la classe lavoratrice e il regime stalinista in Polonia si era esacerbato drasticamente. Fin dalla ribellione operaia del 1956 sanguinosamente repressa, la Polonia era stata danneggiata da una serie di conflitti. Nel 1970, un’onda di scioperi contro gli aumenti dei prezzi forzò le dimissioni del capo di governo e di partito Wladyslav Gomulka. Il suo successore, Edward Gierek, dovette revocare gli aumenti di prezzi.

Nel 1976, Gierek tentò di nuovo un aumento dei prezzi, causando scioperi, manifestazioni di massa e lotte di barricata. Negli anni successivi, venivano formati il Comitato per la Difesa dei Lavoratori ed altri comitati fondatori di sindacati, e nel 1980—dopo una nuova ondata di scioperi contro il rialzo dei prezzi—queste organizzazioni si fusero per dare vita al sindacato Solidarnosc, che vinse il seguito di milioni di lavoratori.

Il fenomeno emergente di un potente movimento operaio in Polonia fu seguito con grande preoccupazione dai governi ad Est e ad Ovest. La diffusione del movimento polacco nell’Unione Sovietica ed in altri paesi dell’Est non solo avrebbe minacciato i regimi stalinisti, ma avrebbe ispirato nuove lotte militanti fra i lavoratori dell’Ovest. Un’onda di lotte simili era stata ridotta appena alla metà degli anni ’70 dall’unione dei burocrati socialdemocratici e sindacalisti.

Non dovrebbe sorprendere che il Cancelliere Tedesco Helmut Schmidt, socialdemocratico, supportò consistentemente il governo di Gierek contro i lavoratori polacchi. Schmidt mantenne addirittura un’amicizia personale con Gierek.

Giovanni Paolo II era ben consapevole del pericolo di una violenta rivoluzione in Polonia e nei paesi dell’Est. Cercò di assicurare che il regime stalinista venisse sovvertito da destra, non da sinistra, dando supporto ad una leadership pro-imperialista all’interno della classe lavoratrice polacca. In tale direzione, venne aiutato non solo dalla CIA, ma anche dalle varie operazioni estere della AFL-CIO (unione di sindacati americani) che erano alleate con la CIA e con il Dipartimento di Stato statunitense.

L’ostilità di Giovanni Paolo II e della Chiesa allo stalinismo è equiparata dai mass media ad una devozione per la democrazia. Questa è una distorsione grottesca della realtà. Il papa presiedeva un’istituzione che aveva intransigentemente opposto la democrazia per più di 500 anni, risalendo alla Riforma, quando la Chiesa Cattolica cercò di mantenere saldo il potere e la ricchezza del clero come classe feudale.

Il pregiudizio della Chiesa verso lo stalinismo non mirava a lottare contro la politica antidemocratica e classista della burocrazia stalinista—tutto ciò anzi coincideva con le operazioni interne della Chiesa stessa come istituzione. La gerarchia ecclesiastica è di per sé una casta, originata in una società pre-capitalista ed oggi irradicata nelle relazioni sociali capitaliste.

La Chiesa Cattolica è, dopo tutto, il pù grande singolo proprietario di beni nel mondo. Ecco perchè la Chiesa diede supporto a dittatori sanguinari dell’America Latina, i quali difendevano la proprietà capitalista, ma opponevano regimi stalinisti nell’Unione Sovietica e nei paesi dell’Est basati su proprietà nazionalizzata.

Su questa base fondamentalmente reazionaria, la Chiesa Cattolica supportò apertamente Solidarnosc. Meno di otto mesi dopo la sua nomina, il nuovo papa si cimentava nel suo primo “viaggio di pellegrinaggio” in Polonia, seguito da ulteriori visite nel 1983 e nel 1987. A gennaio del 1980, Giovanni Paolo II concesse un’udienza ad una delegazione di membri di Solidarnosc guidati da Lech Walesa. Racimolando da varie fonti, il Vaticano riuscí a collettare almeno 50 milioni di dollari in supporto per il sindacato per gli anni successivi.

L’obiettivo del Vaticano, tuttavia, non era quello di aiutare la causa dei lavoratori e le loro richieste sociali. Piuttosto, mirava a mantenere il movimento sotto l’influenza reazionaria dell’ideologia cattolica e del nazionalismo polacco, assicurando che tale movimento non si sviluppasse in una minaccia internazionale all’ordine esistente. La gerarchia cattolica, la cui esperienza nel difendere l’autorità e l’ordine spazia in un millennio e mezzo, era ben consapevole che un movimento popolare come quello sviluppatosi in Polonia non si sarebbe controllato imbrigliandola passivamente, ma doveva essere influenzato attivamente e dirottato verso una direzione diversa.

La nomina di un papa polacco già di per sé significava una stabilizzazione del Cattolicesimo in Polonia. Wojtyla non si stancava mai di fare riferimento alle sue radici polacche, lusingando il nazionalismo polacco e presentando la Polonia come la nazione cattolica per eccellenza. Davanti ad una folla giubilante in Piazza della Vittoria a Varsavia, lodava il contributo fatto da “la nazione polacca allo sviluppo dell’umanità”, che poteva essere compreso e apprezzato solo attraverso Cristo. Il suo discorso culminava con la frase “Non ci può essere un’Europa giusta senza una Polonia indipendente sulla mappa dell’Europa!”

Senza l’intervento del papa in Polonia, gli eventi non avrebbero preso il corso disastroso che alla fine condusse a disoccupazione di massa ed estrema povertà per i lavoratori polacchi. All’inizio, all’interno del movimento di Solidarnosc esistevano tendenze non solo cattoliche, ma anche fortemente secolari e socialiste. Queste, però, soffrivano di una mancanza di prospettiva effettiva contro il regime stalinista.

L’intervento del Vaticano contribuí sostanzialmente alla sottomissione del movimento al controllo dell’ala cattolico-nazionalista intorno a Lech Walesa—un uomo che combinava la sua reputazione di leader operaio militante al cantiere navale Lenin con una generosa dose di bigottismo cattolico. Lo stesso Walesa ha riconosciuto apertamente il ruolo del papa. Nel 1989, dichiarava: “L’esistenza del sindacato Solidarnosc e di me stesso sarebbero inconcepibili senza la figura di questo grande polacco e grande uomo, Giovanni Paolo II.”

Mentre il papa dava aiuti politici e finanziari a Solidarnosc, cercava di mantenerlo al di fuori di un conflitto aperto contro il regime. In ripetute occasioni chiese di mantenere la moderazione e la calma. Mentre gli scontri con il governo divenivano più violenti, Solidarnosc interveniva più frequentemente per tenere a bada e controllare i lavoratori.

Walesa costantemente stressava che Solodarnosc non stava perseguendo potere: “Non vogliamo governare, piuttosto vogliamo essere riconosciuti dal governo, e vogliamo controllarli quando ci governano per assicurarci che facciano il loro lavoro.” Wojciech Jaruzelski, il quale nel dicembre del 1981 dichiarò legge marziale ed arrestò migliaia di lavoratori e leader di Solidarnosc, successivamente riconobbe apertamente il controllo dimostrato dal papa. In un’intervista televisiva in occasione della morte del papa, disse: “Il papa si astenne dall’incitare emozioni sociali a quel tempo.”

In seguito, il papa apparve progressivamente sempre più preoccupato dalla rapidità in cui, dopo il collasso del regime stalinista, Solidarnosc perdeva credibilità di fronte alla classe lavoratrice quando i leader del sindacato assunsero il potere e assicurarono la riintroduzione del capitalismo. Giovanni Paolo II temeva, con una certa ragione, che l’influenza della Chiesa Cattolica potesse risentirne come risultato, e che il nuovo ordine venisse compromesso.

Durante visite al suo paese nel 1991 e 1993 si dichiarava contrario ad una copia del capitalismo occidentale. Durante il suo ultimo viaggio in Polonia nel 2003, fu persino più esplicito. Quando ci si dimentica del prezzo pagato per la libertà, disse, non si è lontani dall’”anarchia”. Fece un discorso a Solidarnosc consigliando di mantenersi al di fuori della politica, e puntò alle ovvie ingiustizie in Polonia—salari non pagati, piccole imprese spazzate via, lavoratori a cui venivano negati ferie e congedi per ragioni familiari.

Giovanni Paolo II e la politica americana nei confronti dell’Unione Sovietica

La decisione della Chiesa Cattolica di nominare un papa polacco era strettamente connessa con un cambio di rotta della politica estera americana verso l’Unione Sovietica. Sotto il presidente Jimmy Carter e, ancora più apertamente, sotto il suo successore Ronald Reagan, un periodo di détente aprí la strada a un vero confronto.

Come arcivescovo di Cracovia, Wojtyla aveva già mantenuto un intenso scambio epistolare con il polacco Zbigniew Brzezinski, il quale prese la carica di consigliere di sicurezza nazionale durante il governo Carter. Brzezinski, il quale aveva partecipato al funerale del predecessore di Wojtyla come rappresentante ufficiale degli USA, rimase a Roma per l’intero periodo delle elezioni papali del 1978 che collocarono Wojtyla a capo della Chiesa.

Questa collaborazione si intensificò durante la presidenza Reagan. A proposito di quel periodo, l’allora ambasciatore al Vaticano James Nicholson, racconta di una “alleanza strategica” tra Washington e il Vaticano contro l’Unione Sovietica. Secondo le informazioni raccolte dai giornalisti Carl Bernstein e Marco Politi, che scrissero un libro sulla diplomazia segreta del Vaticano, il direttore della CIA William Casey e il vice-direttore Vernon Walters cominciarono ad avere discussioni riservate con il papa a partire dal 1981. L’argomento principale era l’appoggio finanziario e logistico a Solidarnosc.

La burocrazia al potere a Mosca reagí contro il crescere della pressione esterna e di quella sociale interna dando inizio alla politica della restaurazione capitalista. Le radici della salita al potere di Mikhail Gorbachov alla guida del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, anche se ciò sembrerebbe ironico, si trovano negli stessi cambiamenti oggettivi che portarono Wojtyla alla santa sede a Roma. Gli eventi della Polonia avevano scosso fortemente la burocrazia del Kremlino. Essa tentò di evitare simili sviluppi nell’Unione Sovietica creando una nuova base per il suo dominio tramite l’introduzione della proprietà capitalista. Fu questo il significato essenziale della perestroika di Gorbachov.

Nel dicembre del 1989, Gorbachov divenne il primo ed unico segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica ad avere un’udienza al Vaticano. Tre anni più tardi, Gorbachov lodava il ruolo del papa con le seguenti parole: “Tutto ciò che avvenne in quegli anni nell’Europa dell’Est sarebbe stato impossibile senza la presenza di questo papa.”

Il papa e l’America Latina

Se da un lato Giovanni Paolo II adornava i suoi interventi in Polonia e nell’Europa dell’Est con il manto della “libertà” e “indipendenza”, l’essenza reazionaria del suo orientamento politico venne rivelata apertamente in America Latina. In quel contesto egli si schierò con le classi dirigenti, prendendo misure disciplinari contro quegli esponenti della cosiddetta “teologia della liberazione” che si erano battuti assieme agli oppressi nelle lotte contro le dittature militari di destra.

Nel corso della sua prima visita in Nicaragua nel 1983, Giovanni Paolo II rimproverò in pubblico il prete Ernesto Cardenal, che, assieme ad altri due prelati, era ministro nel governo sandinista. Nel 1995, durante un’altra visita in Nicaragua, il papa condannò l’Iglesia Popular (Chiesa del Popolo) e quello che chiamava l’ecumenismo sbagliato “di quei Cristiani impegnati nel processo rivoluzionario.” Allo stesso tempo, egli promosse a cardinale l’arcivescovo di destra Miguel Obando y Bravo, nemico acerrimo dei sandinisti.

Molti teologi della liberazione furono dimessi dal loro posto da Giovanni Paolo II e sostituiti da vescovi e preti conservatori. François Houtard scrive nel Le Monde Diplomatique: “Gruppi religiosi di base che erano nati nel Sud America, caratterizzati dall’autonomia e dalla protezione degli interessi dei poveri vennero isolati e in alcuni casi persino distrutti. I preti che li appoggiavano vennero rimossi e fu a loro proibito di accedere alle infrastrutture della comunità, e a volte dei nuovi gruppi vennero fondati con lo stesso nome ...”

Allo stesso tempo, i sostenitori delle dittature di destra scalavano i più alti uffici della Chiesa. Il nunzio papale alla dittatura militare argentina, Pio Laghi, e il nunzio alla dittatura militare cilena, Angelo Sodano, sono oggi entrambi cardinali.

Sodano aveva lodato il dominio despotico e assassino di Pinochet in Cile con queste parole: “I capolavori possono anche contenere dei piccoli sbagli. Vi suggerirei di non concentrare la vostra attenzione su queste imperfezioni del dipinto, ma sull’impressione generale, che è meravigliosa.” Quando un mandato di cattura per Pinochet fu emesso nel 1998 mentre l’ex ditattore si trovava a Londra, il papa stesso difese pubblicamente il generale fascista cileno.

La beatificazione di papa Pio IX, un anti-semita dichiarato, di papa Pio XII, il quale collaborò con i Nazisti e il regime di Mussolini, e del cardinale Stepniak, che era vicino al regime fascista croato durante la seconda guerra mondiale, sono altre espressioni tipiche delle convinzioni di destra di Giovanni Paolo II.

Le politiche conservatrici della Chiesa

Nelle sue politiche ecclesiastiche, Giovanni Paolo II era un reazionario, perfino se paragonato alle dottrine estremamente conservatrici della Chiesa Cattolica. Egli tentò di sovvertire lo spirito, se non la lettera, delle riforme attuate dal Concilio Vaticano Secondo negli anni sessanta.

Prima di tutto c’è il culto della Madonna e dei santi. Con le sue 473 beatificazioni, egli ha creato più del doppio dei santi di tutti i suoi predecessori negli scorsi 400 anni.

La morale sessuale imposta dall’enciclica Evangelium Vitae, rifiuta non solo l’aborto, ma anche qualsiasi forma di contraccezione. Ogni atto sessuale che non sia mirato alla riproduzione viene considerato immorale. Persino i profilattici vengono condannati—una posizione che va considerata specialmente distruttiva e socialmente inumana, tenendo conto della devastante epidemia di AIDS in Africa e in molte altre parti del mondo. In Germania, contro la forte resistenza dei vescovi e dei membri della Chiesa, il papa insistette perché la Chiesa abbandonasse le commissioni atte a dare informazioni alle donne incinte, che facevano parte della struttura messa in atto nel paese per l’aborto legale.

Anche la politica conservatrice del papa riguardo i cambiamenti di personale portò a ripetuti scontri. Egli provocò controversie quando impose dei vescovi conservatori in molte diocesi, per esempio Wolfgang Haas a Chur, Joachim Meisner a Colonia, Hans Hermann Gröer a Vienna, e Kurt Krenn a St. Pölten. A teologi critici come Leonardo Boff, Eugen Drewermann, Hans Küng e Tissa Balasuriya fu proibito sia l’insegnamento che la pubblicazione dei loro libri.

Il teologo svizzero Hans Küng, che fu bandito dall’insegnare all’interno della Chiesa a seguito di un suo articolo pubblicato nel 1980 che criticava il papa, descrive l’atmosfera interna della Chiesa ed il ruolo di Giovanni Paolo II in questo modo: “[Il papa è] l’autorità che sta creando un numero inflazionario di beatificazioni, e che, allo stesso tempo, dirige con poteri dittatoriali la sua inquisizione contro teologi, preti, frati, e vescovi impopolari; soprattutto, quei credenti che si distinguono per il loro spirito critico e per un vigoroso riformismo vengono perseguitati in maniera simile all’inquisizione. Proprio come Pio XII perseguitava i più importanti teologi dei suoi tempi (Chenu, Congar, de Lubac, Rahner, Teilhard de Chardin), così Giovanni Paolo II (e il suo grande inquisitore Ratzinger) perseguitava Schillebeeckx, Balasuriya, Boff, Bulányi, Curran, il Vescovo Gaillot (Evreux) e l’Arcivescovo Hunthausen (Seattle). Il risultato: una Chiesa di sorveglianza, in cui le denunce, la paura e la mancanza di libertà sono rampanti. I vescovi si considerano governatori mandati da Roma invece che servi dei credenti, i teologi scrivono in maniera conformista, o non scrivono affatto.”

Se da un lato le voci critiche sono state soppresse, l’organizzazione fondamentalista e strettamente gerarchica Opus Dei è riuscita ad estendere la sua influenza nella gerarchia ecclesiastica. Molti dei suoi membri sono stati nominati vescovi e cardinali. Quest’ordine ora possiede una considerevole influenza nella Curia, e potrebbe giocare un ruolo significativo nella scelta del prossimo papa.

L’Opus Dei fu fondata nel 1928 da Josemaria Escrivá a Madrid. Con un numero di iscritti di circa 80.000 in tutto il mondo, l’ordine è relativamente piccolo. Esso fiorì durante il regime di Franco nella Spagna fascista, dove rappresentanti dell’Opus Dei occuparono fino a dieci posti ministeriali.

Escrivá, beatificato da Giovanni Paolo II nel 2002 solo ventisette anni dopo la sua morte, descrisse Hitler come il “salvatore della Chiesa spagnola.” L’ordine è organizzato come una setta segreta, con il suo codice di condotta che va dal voto di silenzio fino alle preghiere frequenti ed il castigo corporale con flagello e cintura. Esso propaga un culto della maschilità e dell’ autorità, definisce le donne come “inferiori” e richiede la subordinazione e la stretta obbedienza.

A differenza di molti dei suoi predecessori, Giovanni Paolo II seguì una politica di apertura verso le altre religioni. Egli fu il primo papa a visitare una chiesa protestante (1983), una sinagoga (1986) e una moschea (2001). Ogni anno, a partire dal 1986, un raduno di preghiera mondiale ha luogo in cui le diverse religioni pregano assieme. Nel 2000, il papa visitò il monumento commemorativo dell’Olocausto in Israele e chiese perdono per i peccati commessi dai cristiani nel corso della storia - senza però ripudiare il silenzio di Pio XII sull’Olocausto.

Queste manifestazioni esterne di tolleranza, che emersero soprattutto dalla necessità di rafforzare la religione come pilastro di una società borghese in crisi, sono in netto contrasto con l’intolleranza esibita da Giovanni Paolo II nei suoi insegnamenti. Solo due anni fa, il papa proibì di fare la comunione assieme a membri di altre denominazioni, e la dichiarazione “Dominus Jesus” appoggiata dal papa nega che la chiesa riformista sia in effetti una chiesa, mentre critica altre religioni per i loro difetti sostanziali.

Crisi della Chiesa

Nonostante le sue vedute di destra, Giovanni Paolo II è sempre stato conscio del fatto che la Chiesa è in grado di fungere da sostegno al potere esistente solo se è in grado di presentarsi come protettrice degli oppressi. Il papa scrisse molti testi sulla dottrina sociale cattolica, in cui denunciava gli eccessi e le cattive conseguenze sociali del capitalismo. Durante un viaggio a Cuba, egli criticò aspramente il neo-liberalismo e i suoi effetti.

Queste critiche non erano in alcun modo dirette contro l’ordine capitalista come tale. Dal momento in cui il socialismo emerse nel tardo ottocento come una potente forza all’interno della classe lavoratrice, la Chiesa Cattolica ha cercato di limitare la sua influenza articolando una dottrina sociale che, se da un lato condanna la rivoluzione socialista, dall’altro muove delle moderate critiche al capitalismo e discute con compassione la situazione dei lavoratori e dei poveri. Giovanni Paolo II operava dall’interno di questa tradizione. Per questo, egli rifiutò in principio il socialismo come dottrina atea nell’Enciclica “Centesimus Annus”.

La netta presa di posizione del papa contro la prima e la seconda guerra in Irak va vista in questo quadro. Con la sua tradizione di un millennio e mezzo, la gerarchia cattolica pensa più a lungo termine dei politici borghesi che sono fissati sul breve termine. Il Vaticano comprende che la condotta spietata degli Stati Uniti in Medio Oriente nel lungo termine minaccia di destabilizzare l’intero ordine mondiale capitalista—compresa la Chiesa Cattolica.

Poco prima dell’inizio della seconda guerra in Irak, il papa ricevette il vice primo ministro Irakeno Tariq Aziz, un cristiano, e mandò degli inviati a Washington e a Bagdad nel tentativo di prevenire il conflitto. Lo condannò poi con queste parole: “La guerra dei forti contro i deboli ha più che mai rivelato le profonde divisioni tra ricchi e poveri.”

La retorica di pace e di armonia sociale di Giovanni Paolo II, in netto contrasto con la sua ideologia e politica, assieme ai suoi più di cento viaggi all’estero—intrapresi con grande cura per il loro valore propagandistico—hanno giocato un certo ruolo nella crescita del numero di cattolici durante il suo pontificato. Il numero dei membri della Chiesa Cattolica nel mondo viene notato ora oltre un miliardo, di cui la metà vivono nel Sud e Nord America.

Queste cifre non possono però nascondere l’immensa crisi in cui si trova la Chiesa. La crescita dei suoi membri non ha mantenuto il passo con la crescita della popolazione mondiale. Il numero di cattolici come frazione della popolazione sta crescendo solo in quelle aree dove essi sono una piccola minoranza, come in Africa e in certe regioni dell’Asia. In proporzione, la Chiesa ristagna nel Sud America e diminuisce in Europa e in Nord America. Nell’America Latina, è ormai noto il fatto che la Chiesa Cattolica sta perdendo terreno nei confronti di vari gruppi evangelici protestanti.

Nonostante gli sforzi dei mass media di canonizzare Giovanni Paolo II, la morsa della Chiesa sulle grandi masse della gente continua a calare, e il clero cattolico continua a subire un grave discredito, anche tra coloro che si considerano cattolici. La perdita di fedeli attivi e convinti si riflette in una crisi finanziaria che confronta la Chiesa in molti paesi. Negli Stati Uniti, le scuole Cattoliche stanno chiudendo in molte delle cittá principali, come Detroit.

Questa crisi si è intensificata a causa dei recenti scandali di abusi sessuali che hanno coinvolto preti e funzionari della Chiesa. È ormai chiaro che Giovanni Paolo II ha cercato di occultare gli atti sessuali commessi contro i bambini che ebbero luogo durante il suo pontificato.

Il suo ruolo nell’occultare ques1ti abusi nella Chiesa statunitense, irlandese, austriaca ed altre ancora, e poi nel minimizzarne il significato una volta scoperti, sottolinea l’ipocrisia del Vaticano sulle questioni di moralità sessuale. Ciò è in netto contrasto con le incessanti intrusioni moraliste della Chiesa nelle normali pratiche sessuali della gente comune, e sottolinea quale sia la preoccupazione principale di Giovanni Paolo II e del Vaticano: la difesa della casta clericale e del suo potere, autorità ed immunità da ogni esame critico.

Giovanni Paolo II era una figura carismatica, capace di rallentare in qualche modo il calo del sostegno di massa per la Chiesa e di tenere insieme questa istituzione. La sua scomparsa intensificherà le pressioni interne ed esterne su questa istituzione antica, sclerotica e reazionaria. Gli assurdi sforzi da parte dei mass media di usare la morte di Giovanni Paolo II per promuovere la Chiesa sono l’espressione contraddittoria della crisi di questa istituzione, e dell’ordine borghese che essa difende.