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Il governo Berlusconi resiste al voto sulla fiducia

Questo articolo è stato precedentemente pubblicato in inglese il 15 dicembre 2010

Il primo ministro Silvio Berlusconi resta temporaneamente in carica. Martedì scorso, è sopravvissuto ad un tesissimo voto di fiducia grazie a una ristretta maggioranza.

Alla Camera dei Deputati, 314 hanno votato a favore e 311 contro. Al Senato, il risultato è stato invece come previsto: 162 senatori a sostegno del primo ministro e 135 contro.

Nel maggio 2008, Berlusconi è stato eletto primo ministro per la quarta volta dal 1994. La sua coalizione di governo composta dal suo partito, il Popolo della Libertà (PdL) e la xenofoba Lega Nord, ha ottenuto una forte maggioranza in entrambe le camere del parlamento.

Tuttavia, l’impatto della crisi economica internazionale ha rapidamente minato il governo Berlusconi. Dopo la Grecia, il debito pubblico italiano è il secondo più alto nell’Unione Europea. La disoccupazione giovanile è al 25 per cento, e 8 milioni su 60 milioni di italiani vivono con meno di 800 euro al mese.

Di fronte a questa crisi, il governo si è trovato in uno stato di paralisi ed è passato da uno scandalo all’altro. Accuse di corruzione e di coinvolgimenti di mafia nell’impero mediatico di Berlusconi, che avevano già tenuto il suo precedente governo nel limbo, sono state seguite da scandali sessuali con minori che hanno visto coinvolto il settantaquattrenne Berlusconi, dominando i titoli dei giornali per settimane. I mucchi di spazzatura a Napoli, che durante la campagna elettorale Berlusconi aveva promesso di eliminare, continuano ad accumularsi.

Berlusconi è andato progressivamente perdendo supporto fra I suoi sostenitori. I rappresentanti delle imprese gli hanno voltato le spalle. Il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, lo ha attaccato pubblicamente. Il suo predecessore, l’Amministratore Delegato della Ferrari Luca di Montezemolo, ha dichiarato: “Dopo 15 anni di non scelte, l’epoca dei superman è finita”.

Alla fine è stato il parlamentare Gianfranco Fini a guidare l’opposizione. Nel 2009, questo ex fascista ha coalizzato la sua Alleanza Nazionale (AN) con il partito di Berlusconi. Ora che ha visto svanire le sue possibilità di diventare il successore di Berlusconi, ha deciso di ribellarsi. Nell’estate del 2010, lui e 36 dei suoi parlamentari sono usciti dal PdL, fondando il gruppo “Futuro e Libertà per l’Italia” (FLI), privando così Berlusconi della sua maggioranza alla Camera.

Dopo qualche esitazione, il FLI ha inoltre presentato una mozione di sfiducia. Quello che ne è seguito è stato uno sporco gioco senza precedenti in Italia. La fazione di Berlusconi pare abbia corrotto due parlamentari con 500.000 euro, promesso ad un altro un ordine per la sua azienda e un quarto posto nel futuro governo. Altri sono stati minacciati di perdere la loro poltrona, accanto alla promessa di mantenersene una sicura in una maggioranza futura.

Un giorno prima del voto di fiducia, Berlusconi ha avvertito che le sue dimissioni avrebbero fatto precipitare il paese nel mezzo della crisi del debito europeo. Data la persistente speculazione nei mercati finanziari, “follia politica sarebbe ora l’apertura di una crisi senza una possibile prevedibile soluzione”, ha detto. Allo stesso tempo, ha offerto ai democristiani dell’opposizione (UDC) posti in un futuro governo.

Molti dei finiani sono apparsi ricettivi alle tentazioni e minacce di Belusconi. Sei dei 36 deputati FLI hanno detto che è irragionevole rischiare una crisi di governo e che quindi avrebbero votato a favore di Berlusconi perché “preoccupati per il paese”. Ciononostante, il margine del voto è stato molto ristretto, e la sessione è stata interrotta quando sono scoppiati scontri tra i deputati.

La fiducia non risolverà la crisi politica del paese. Data la sua maggioranza risicata e precaria, il governo è a malapena in grado di governare. Prima del voto di fiducia, Umberto Bossi della Lega Nord aveva spinto per elezioni anticipate. “Con un voto in più non si governa e se non si può governare fatalmente bisogna votare”, ha detto.

Il declino delle istituzioni democratiche in Italia in un vortice di vicende di corruzione, tangenti e sesso ha raggiunto un livello tale da generare solo orrore e disgusto tra gli elettori.

Intellettuali e personaggi di cultura sono più volte scesi in piazza per esprimere la loro indignazione nei confronti di Berlusconi. Sabato scorso, decine di migliaia hanno risposto alla chiamata da parte del Partito Democratico (PD) e manifestato a Roma contro la politica del capo del governo. “La manifestazione del Pd può segnare un passaggio storico non solo per la caduta del governo e per la fine delle destre, ma può essere l’inizio della grande riscossa del partito democratico”, ha annunciato il leader del PD Pierluigi Bersani. Quelli alla manifestazione sono “l’Italia del domani”, ha dichiarato.

In preda alla disperazione per il fatto che Berlusconi sembrerebbe resistere qualsiasi battuta d’arresto, e addirittura più volte al potere negli ultimi 16 anni, molti intellettuali hanno dato la colpa agli elettori italiani.

Il best-seller Umberto Eco ha detto al Frankfurter Rundschau, il premier “non nasconde, per esempio, di fare due cose che molti gli invidiano: portarsi a letto molte donne e non pagare le tasse”. Come soluzione, Eco propone un rinnovamento morale della società italiana.

In realtà, la responsabilità per la persistenza di Berlusconi al potere è da attribuire alla cosiddetta opposizione, guidata dai Democratici, emersi dallo scioglimento del Partito Comunista nel 1991. Ogni volta al governo, dal 1996 al 2001 e di nuovo dal 2006 al 2008, hanno imposto ingenti tagli ai programmi sociali e attaccato i lavoratori, aprendo così la strada al potere per Berlusconi.

I partiti di “opposizione” sono sostenuti e difesi da una pletora di gruppi di classe media, confluiti nel partito di Rifondazione Comunista (PRC). Rifondazione sostiene che i democratici sono il male minore, e nel 2006 il PRC si è a loro alleato nel governo borghese di Romano Prodi, tradottosi in un vero e proprio disastro poltico per Rifondazione stessa. In due anni, il governo Prodi ha così fortemente deluso i suoi elettori che Berlusconi è stato in grado di ritornare al potere trionfante.

I Democratici non attaccano Berlusconi per le sue politiche a favore dei ricchi e dei potenti. Piuttosto, sono preoccupati che il governo non stia imponendo le misure di austerità con lo stesso vigore dei loro colleghi socialdemoctratici in Grecia, Spagna e Portogallo. La cosiddetta “sinistra” si è così tanto allontanata dai cittadini comuni che temono nuove elezioni e preferirebbero addirittura un “governo tecnico”.

Mentre la xenofoba Lega Nord spinge per nuove elezioni, e Berlusconi spera di essere rieletto, i Democratici si nascondono dietro il fascista Fini, lasciandogli l’iniziativa politica. ” Siamo costretti a seguire gli umori del mondo ex missino, è una sensazone un po’ strana”, ha commentato il vicesegretario del PD Enrico Letta, stretto collaboratore dell’ex premier Prodi, sabato alla manifestazione di Roma.

In Italia, come nel resto d’Europa e del mondo, il problema principale dei lavoratori è sempre più chiaro: tra i partiti istituzionali, non ve n’è uno che rappresenta gli interessi della classe lavoratrice. I partiti riformisti e i loro programmi, che promettono miglioramenti sociali lasciando intatto il sistema capitalista, sono tutti in bancarotta. Solo una offensiva internazionale da parte della classe lavoratrice sulla base di un programma socialista può fermare la reazione politica e sociale, così vividamente rappresentata dalla persona di Berlusconi.