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Manifestazione a Roma contro le misure di austerità

Questo articolo è stato precedentemente pubblicato in tedesco il 16 giugno 2010 e in inglese il 17 giugno 2010

In migliaia hanno protestato sabato 12 giugno a Roma contro i recenti piani di austerità annunciati dal governo italiano. Il governo di Silvio Berlusconi punta a tagliare la spesa pubblica di quasi 25 miliardi di euro nei prossimi due anni.

I più colpiti dai tagli sono il servizio sanitario, scuole, università e amministrazioni locali. Fino a 400 000 posti di lavoro, soprattutto a tempo parziale e temporanei, stanno per essere eliminati nei servizi pubblici, mentre gli stipendi di coloro che vi restano saranno congelati o tagliati. Il governo ha anche annunciato piani per aumentare ancora una volta l’età pensionabile.

Lo smantellamento di vasti settori del servizio pubblico è accompagnato da un enorme attacco ai posti di lavoro e alle condizioni di lavoro nel settore privato, come ad esempio alla Fiat. La burocrazia sindacale teme un’ondata di proteste che potrebbe non essere in grado di controllare e la manifestazione tenutasi sabato scorso a Roma è stata un deliberato tentativo dei sindacati di dirottare la rabbia che i lavoratori nutrono verso il governo ed le istituzioni politiche.

La manifestazione è stata organizzata dal più grande sindacato italiano, la CGIL, che precedentemente era vicina al Partito Comunista Italiano e ora mantiene stretti legami con il Partito Democratico. La manifestazione è stata sostenuta dal Partito Democratico e argomentata dal portavoce economico del partito, Stefano Fassina. Ha partecipato alla protesta anche il Partito Italia dei Valori, guidato dall’ex magistrato Antonio di Pietro. Tra gli altri, erano presenti Rifondazione Comunista (PRC) e Sinistra Ecologia e Libertà (SEL) guidato da Nichi Vendola, partito nato dalla scissione del PRC.

Un cosiddetto sciopero generale è previsto per il 25 giugno. Comporta uno sciopero di 24 ore nel settore pubblico ed uno sciopero di quattro ore nel settore privato. La federazione ”alternativa” dei sindacati Cobas aveva già organizzato la propria manifestazione a Roma sabato, 5 giugno. La Cobas (Confederazione dei Comitati di Base) ha chiesto ai suoi membri del servizio pubblico di mobilitarsi il 14 giugno.

La maggior parte di coloro che hanno partecipato alla manifestazione del 12 giugno appartengono al settore dell’istruzione e dei servizi pubblici, in parallelo ad alunni e studenti che protestano nelle loro università contro i tagli all’istruzione. Hanno gridato slogan come “Contro la tregua salariale, sciopero, sciopero generale!” brandendo striscioni di protesta e manifesti con Karl Marx. Uno slogan recitava, “Se ci sono tanti disoccupati, la colpa è dei padroni e non degli immigrati!”

Il discorso principale del raduno conclusivo è stato pronunciato dal leader della CGIL, Guglielmo Epifani, che non ha criticato i tagli sociali, ma piuttosto il modo in cui sono stati attuati. Epifani si è lamentato del fatto che i tagli non stimolano “l’economia, gli investimenti e soprattutto l’occupazione dei giovani”. Ha fatto proposte concrete al Parlamento sul modo migliore per attuare i piani di austerità e ha descritto l’opposizione parlamentare e la burocrazia sindacale come la migliore alternativa possibile per la gestione delle crisi.

Nell’assurdo tentativo di descrivere gli altri governi europei—ad esempio, quello spagnolo del primo ministro José Zapatero (PSOE), quello britannico del primo ministro David Cameron (conservatore) e quello tedesco del Cancelliere Angela Merkel (CDU)—come positive alternative al governo Berlusconi, Epifani ha dichiarato, “nessuno sta facendo come in Italia.... Qui c’è una classe sociale che nessuno invita a dare un contributo al ripristino del bilancio. Dal canto suo, Zapatero ha tassato i redditi medi e quelli alti, Cameron tassa le banche, e Angela Merkel ha tassato entrambi, sia le banche che le transazioni finanziarie, mettendo nel frattempo a disposizione 13 miliardi di euro per l’istruzione e la ricerca”.

Questa è una distorsione della realtà che toglie il respiro. Le misure di austerità adottate in Germania, Spagna e Gran Bretagna sono praticamente le stesse già entrate in vigore in Grecia con un drastico taglio del bilancio ed ora anche in Italia a scapito della popolazione attiva. Tutti questi paesi sono soggetti a tagli sociali senza pari al fine di proteggere i profitti dei ricchi, delle banche e degli speculatori. I lavoratori, d’altronde, sono deliberatamente ostacolati dalle loro rispettive burocrazie sindacali nell’intraprendere una lotta comune transnazionale contro i tagli sociali.

La demagogia vuota della leadership CGIL era già evidente nella sua stima del numero di partecipanti. Gli organizzatori hanno dichiarato che circa 100.000 persone hanno partecipato alla manifestazione di sabato, anche se alcuni testimoni oculari hanno stimato un numero assai inferiore, solo diverse migliaia. Tali esagerazioni suggeriscono una cosa: la burocrazia sta cercando di presentarsi alla borghesia come una forza con un’influenza di massa, mentre allo stesso tempo consapevolmente si astiene dall’intraprendere misure combattive nelle fabbriche.

C’era molta indignazione e militanza in mostra alla manifestazione, ma anche molta confusione e disorientamento. Evidentemente molti hanno seguito la chiamata della CGIL perché non vedono alcuna alternativa.

Susanna, un’insegnante di Genova, ha detto ai nostri reporter, “Spero, sinceramente, che la gente si svegli. Ora è il momento che i sindacati prendano una posizione definita, che adottino una llinea di condotta concreta, senza riserve. Ora c’è bisogno di loro. E’ vero! Hanno fatto degli errori. Ma se non ci difendono loro, chi ci difende?”

Questo è esattamente il punto. Gli operai possono solo difendersi attraverso la rottura con gli apparati sindacali e unirsi oltre i confini nazionali con i loro omologhi europei e internazionali. Un nuovo partito socialista dei lavoratori è necessario, che dedichi il suo programma ai bisogni della classe lavoratrice, piuttosto che alle richieste di mercato.

Da parte loro, i cosiddetti sindacati alternativi servono solo a creare più confusione. In maggio un certo numero di gruppi piccolo borghesi ha preso parte ad un’iniziativa a Roma per unire la Cobas con altre organizzazioni sindacali ordinarie per fondare un nuovo sindacato, l’Unione Sindacale di Base (USB), che proclama di essere un’incorruttibile alternativa di sinistra ai sindacati convenzionali.

Questa iniziativa, tuttavia, non fa nulla per incoraggiare il chiarimento politico. L’USB appena fondato è dominato da gruppi piccolo borghesi, tra cui un’ala di Rifondazione, tendenze maoiste e l’organizzazione Sinistra Critica — affiliata al Segretariato Unito Pablista. Alla sua manifestazione del 5 giugno, la USB ha anche tollerato la presenza dell’ex ministro della solidarietà sociale nel governo Prodi, Paolo Ferrero (PRC), che aveva accettato una normativa che spazzava via i diritti pensionistici tradizionali e personalmente ha elaborato la prima lista di deportazione di Sinti e Rom.

I sindacati esistenti hanno le loro radici nella società borghese e nello stato nazionale. Allo stato attuale delle cose, i sindacati in Italia e in tutto il mondo sono stati trasformati in aperti fautori delle misure di austerità volti a proteggere i profitti ed i privilegi delle banche e delle élites finanziarie.