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Proteste degli studenti in Italia contro i tagli all’istruzione

Questo articolo è stato precedentemente pubblicato in inglese il 25 novembre 2010 e in tedesco il 26 novembre 2010

Decine di migliaia di studenti hanno marciato nelle città italiane mercoledì scorso per protestare contro i tagli alla scuola attuati dal governo Berlusconi. Le proteste hanno avuto luogo lo stesso giorno in cui si sono verificate altre manifestazioni degli studenti in Gran Bretagna contro il tagli alla spesa pubblica.

In Italia, gli studenti si sono mobilitati in oltre 50 città e occupato 44 delle 66 università pubbliche, organizzando picchetti, sospendendo le classi e arrampicandosi sulle cime degli edifici delle facoltà. Alcune delle occupazioni sono continuate per tutta la notte.

Le più grandi manifestazioni hanno avuto luogo a Roma. Un gruppo di studenti ha protestato di fronte alla Camera dei Deputati, mentre un altro ha tentato di entrare nel Senato ma è stato bloccato dalla polizia in assetto antisommossa (vedi video di Youtube).

Gli studenti hanno gridato slogan come “Ridateci Il Nostro Futuro!”, “No ai Tagli!”, “Dimissioni!” e “I veri terroristi Siete Voi!”.

Sassi e uova sono stati lanciati contro edifici pubblici. Lievi lesioni sono state riportate da una dozzina di studenti, un funzionario di polizia e otto Carabinieri. Due studenti sono stati arrestati, e 27 manifestanti denunciati.

Le manifestazioni hanno avuto luogo a Padova, dove la polizia ha caricato gli studenti; Pisa, dove gli studenti hanno bloccato diversi ponti, e Siena, dove 100 studenti hanno occupato la ferrovia. Ci sono state proteste anche a Firenze, Torino, Napoli, Pavia, Perugia, Palermo e Salerno. Docenti e ricercatori si sono uniti ai manifestanti.

L ’Unione degli universitari ha dichiarato che non ha “intenzione di fermarci, siamo intenzionati ad inasprire lo scontro se questo Governo continuerà ad essere sordo alle richieste che vengono mosse dall’intero mondo accademico”.

La riforma Gelmini è l’obiettivo principale delle proteste. Si tratta di una serie di leggi e decreti attuativi che, insieme alla legge di bilancio 2010 approvata lo scorso dicembre, sono parte di un massiccio attacco all’istruzione pubblica. Nel 2008, il primo decreto innescò una serie di proteste di massa e scioperi nell’autunno dello stesso anno (vedi “Italy: Protests and strikes against Berlusconi education cuts”)

Queste ”riforme” ammontano a una drastica riduzione dei fondi destinati alla pubblica istruzione, con conseguenti licenziamenti di massa e riduzione di programmi scolastici e accademici.

L’attacco all’istruzione è un fenomeno internazionale. Nel Regno Unito, mercoledì, decine di migliaia di studenti hanno abbandonato le aule per protestare contro l’aumento delle rette del 300 per cento. Migliaia hanno partecipato a una manifestazione a Londra, dove più di 1.000 sono stati fermati e trattenuti dalla polizia per ore. La polizia ha usato manganelli per respingere gli studenti che tentavano di raggiungere il parlamento.

Le manifestazioni in Gran Bretagna sono avveunte due settimane dopo che 55.000 erano scesi in piazza in tutto il Regno Unito. Un giro di vite da parte del governo ha ordinato l’arresto di decine di studenti.

Negli Stati Uniti ci sono state proteste di massa e, in alcuni casi come in California, occupazioni contro l’aumento di oltre il 30 per cento delle rette.

I tagli all’istruzione in Italia e nel Regno Unito sono parte di una serie di misure di austerity in tutta Europa finalizzati ad addebitare la crisi ai lavoratori e ai giovani.

La settimana scorsa, le speculazioni finanziarie sul debito irlandese hanno aumentato le pressioni per un nuovo piano di salvataggio di svariati miliardi di euro per le banche, che saranno pagati con le misure di austerity ai danni della classe lavoratrice irlandese. Tra ipotesi di “contagio”, il Portogallo e la Spagna sono osservati con attenzione. Un default della Spagna potrebbe mettere seriamente in discussione la viabilità dell’euro e dell’Unione europea nel suo complesso.

Dopo la Spagna, l’Italia, con un’economia in bilico, un grande debito pubblico, una pesante crisi politica e un alto grado di disoccupazione, è la prossima candidata.

Come nel Regno Unito, la risposta della classe dirigente italiana è quella di promettere repressioni. Il presidente della Camera, il neo-fascista Gianfranco Fini, riferendosi alle proteste degli studenti, ha dichiarato che “condanna con fermezza questo inaccettabile episodio di violenza e di intolleranza”. Due settimane fa, Fini è uscito dal governo Berlusconi, aprendo una crisi politica che porterà al voto di fiducia il 14 dicembre. Ovvero il giorno dopo che un altro provvedimento di austerity—la legge di bilancio 2011 (ora denominata “legge di stabilità”)—verrà sottoposto a votazione.

Il presidente del Senato, Renato Schifani è stato ancora più esplicito nel minacciare la violenza contro gli studenti. Schifani ha osservato che il governo ha fatto molti “appelli e richiami al senso di responsabilità di tutti ad abbassare i toni per evitare che l’aumento degli episodi di violenza e di intolleranza in occasione di manifestazioni pubbliche possa trasformarsi in gesti non solo incivili ma anche forieri di eventi luttuosi”.

Questo è un chiaro avvertimento che la classe dirigente è pronta a utilizzare tutta la forza necessaria per reprimere qualsiasi protesta o dissenso. Questa minaccia segue anni di attacchi contro il tenore di vita e i diritti democratici degli italiani da parte di governi, sia di centro-sinistra che di centro-destra.

La cosiddetta opposizione supporta anch’essa i tagli all’istruzione. Il Segretario del Partito Democratico, Pierluigi Bersani ha fatto spettacolo quando si è unito agli studenti e agli insegnanti sul tetto del palazzo della Facoltà di Architettura a Roma. Mentre si propone come sostenitore della protesta, la sua presenza vuole essere un segnale alla borghesia che i Democratici sono pronti a prendere il controllo della situazione e a ricondurre l’opposizione verso canali sicuri.

La dichiarazione di Bersani dà un’idea di come un governo democratico risolverebbe la crisi dell’istruzione. Secondo lui, “perfino in Grecia stanno facendo riforme sociali e per la conoscenza. Prima o poi ci arriveremo anche noi”.

Proprio come in Grecia, dove la classe lavoratrice ha subito tagli del 30 per cento ai salari e attacchi senza precedenti in materia di pensioni, Bersani sta offrendo i suoi servizi per l’attuazione di dure misure di austerity in Italia.