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Bersani e Berlusconi discutono la formazione di un governo di coalizione

Questo articolo è stato precedentemente pubblicato in tedesco e in inglese il 12 aprile 2013

Sette settimane dopo le recenti elezioni politiche, il leader del Partito Democratico (PD), Pierluigi Bersani, e il leader di “Popolo della Libertà” (PdL), Silvio Berlusconi, si sono incontrati la prima volta per discutere.

L’argomento principale, discusso in occasione della riunione di martedì pomeriggio, è stato l’elezione di un nuovo presidente. Un accordo su questo tema potrebbe aprire la strada alla cooperazione governativa tra i due partiti.

Il nuovo presidente, che verrà eletto il 18 aprile, avrà un ruolo chiave nella formazione del nuovo governo. Egli può nominare il primo ministro, formare un governo di transizione o sciogliere il parlamento e indire nuove elezioni.

L’attuale presidente, Giorgio Napolitano, il cui mandato scade il 15 maggio, non ha più la facoltà di sciogliere il parlamento.

Il quorum per eleggere un nuovo presidente è composto dai due rami del parlamento, più 58 delegati dalle 20 regioni del Paese. A Bersani mancano solo nove voti per avere la maggioranza assoluta. Con i 71 delegati del primo ministro in carica, Mario Monti, Bersani dovrebbe quindi avere abbastanza voti per scegliere il nuovo capo di Stato al quarto scrutinio. Nei primi tre scrutini è necessario raggiungere una maggioranza dei due terzi dei suffragi.

Bersani non è completamente dipendente dai voti del PdL di Berlusconi per eleggere un nuovo capo di Stato; il fatto che egli ora abbia accettato di incontrarsi con lui suggerisce che è interessato a una cooperazione più ampia.

Dopo le elezioni, Berlusconi aveva offerto di formare una grande coalizione con Bersani, ma alle sue condizioni. Berlusconi ha anche indicato che sarebbe disposto a sostenere un governo di minoranza, guidato da Bersani, se un candidato di centro-destra fosse eletto presidente.

A causa dei molteplici scandali implicanti il magnate dei media, Bersani finora ha respinto categoricamente entrambe le offerte, temendo la fine del suo partito, se avesse costituito un patto con Berlusconi. Per contro, Bersani ha cercato di ottenere il sostegno dei legislatori del Movimento 5 Stelle (M5S) per un governo di minoranza, ma ha incontrato una forte opposizione dal capo del M5S, Beppe Grillo.

L’atteggiamento di Bersani è contrastato all’interno del Partito Democratico e minaccia di spezzare il partito stesso. In particolare, il sindaco di Firenze, 38enne Matteo Renzi, che appartiene all’ala destra del PD e proviene dalla cristiano-democratica Margherita, sostiene la cooperazione con Berlusconi. “Stiamo perdendo tempo”, ha detto il 4 aprile, secondo quanto riporta La Stampa. “Bersani decida: o si fa un accordo con Berlusconi o si fa votare, non
si può stare fermi.” Egli stesso è pronto a candidarsi per il campo del centro-sinistra in nuove elezioni.

Intanto, Bersani ha serrato i ranghi con Berlusconi. E’ stata “una buona conversazione, ” ha dichiarato Enrico Letta, del PD, commentando l’incontro di martedì, al quale è stato presente. Volevano giungere a un “ampio consenso” e continueranno i colloqui.

I media italiani riportano che Berlusconi è disposto a sostenere un candidato alla presidenza dal campo del centro-sinistra che non sia “ostile” nei suoi confronti. Questo si riferisce agli sforzi da parte del Parlamento di avviare un procedimento per dichiarare Berlusconi “non eleggibile” ad una carica pubblica-una mossa che potrebbe togliere al 76enne miliardario, che affronta molteplici cause penali, l’ immunità parlamentare.

I candidati presi in considerazione per la più alta carica dello Stato includono gli ex-primi ministri Massimo D’Alema e Giuliano Amato. Una candidatura di Romano Prodi, che ha guidato per due volte i governi di centro-sinistra, sarebbe stata respinta da Berlusconi, perché egli considera Prodi come nemico personale.

D’Alema è un membro del Partito Democratico. Amato, invece, è un ex membro del Partito Socialista di Bettino Craxi, fino alla sua caduta 20 anni fa; ha mantenuto stretti rapporti con Berlusconi. Amato è stato primo ministro nel 1992-1993 e nel 2000-2001, ha coperto numerosi incarichi ministeriali sia sotto Prodi che D’Alema. Era notorio per le sue rigide politiche di austerità, tagli alle pensioni e la privatizzazione delle imprese statali. Si vantava che i suoi governi non erano nati “dalla popolarità, ma dalla necessità”.

Gli ambienti economici italiani ed europei fanno pressione per una rapida soluzione della crisi di governo, per la continuazione e l’allargamento del programma di austerità e riforme avviato dal precedente governo di Mario Monti, che ha subito una pesante sconfitta alle elezioni.

Di recente i dati economici italiani sono andati a picco. Secondo dati del governo, rivisti verso il basso, il PIL del paese cadrà dell’1, 2 per cento quest’anno. La produzione industriale è diminuita in febbraio dello 0, 8 per cento rispetto al mese precedente e del 3, 8 per cento rispetto a un anno fa.

Nonostante i massicci tagli alla spesa, il debito totale in Italia è aumentato, rispetto allo scorso anno, dal 127 al 130 per cento del PIL. Il governo di transizione ha potuto stipulare un nuovo debito, a un tasso sorprendentemente basso, il che ha meno a che fare con la situazione economica italiana che con gli sviluppi internazionali.

L’annuncio, da parte della Banca del Giappone, di raddoppiare la quantità di denaro in circolazione nel giro di due anni, ha portato al ritiro degli hedge funds e degli speculatori dal Giappone, a favore delle opportunità di investimento in Europa.

Le banche italiane, principali acquirenti dei titoli di Stato italiani, restano pesantemente sottofinanziate. Nei loro bilanci i prestiti in sofferenza sono aumentati in un anno del 20 per cento. Dipendono completamente dal sostegno della Banca Centrale Europea e sono di fronte al rischio di un collasso stile Cipro. I prezzi delle azioni delle tre maggiori banche italiane sono scesi del 30 per cento negli ultimi due mesi. In questa situazione, sia l’Unione Europea che il governo di Berlino portano avanti l’argomentazione di una rapida ripresa delle misure di austerità.

Possibilmente necessaria per l’eventuale coalizione Bersani-Berlusconi, sarebbe una nuova legge elettorale, conferendo al governo, o al Presidente, maggiori poteri al fine di far passare misure impopolari. Una colonna della Frankfurter Allgemeine, portavoce della Borsa di Francoforte, propone l’"introduzione di un sistema di governo presidenziale secondo il modello francese”.

Nonostante i suoi gesti di opposizione, il Movimento 5 Stelle guidato dal comico Beppe Grillo, concorda con le linee essenziali di questa politica.

Diversi membri del movimento Grillo hanno annunciato il loro sostegno a un governo guidato da Bersani. Giovedì scorso il deputato leader del M5S, Tommaso Currò, ha dichiarato al quotidiano La Stampa “Se entri nel Palazzo grazie a otto milioni di voti, devi prenderti le tue responsabilità”.

Fino ad ora, Grillo ha categoricamente respinto aperture alla coalizione. Mercoledì, in un’intervista con il quotidiano gratuito Metro ha detto di “…mandare a casa tutti, questi qui. Noi non ci alleiamo con nessuno. ”.

Allo stesso tempo, le drastiche “riforme” promosse da Grillo vanno ben al di là di quelle sostenute dalle altre parti. Nella stessa intervista ha detto “Qualsiasi azienda che vuole investire non avrà più bisogno di andare fuori dall’Italia a produrre in Svizzera in Austria, o Slovenia. Anzi noi creeremo I presupposti per quegli investimenti che in Italia saranno fatti con trasparenza, onestà e professionalità. ”.

Grillo è ben consapevole del fatto che tale politica implica massicci tagli ai salari, ai diritti dei lavoratori e alla spesa sociale. “Proporre un altro tipo di politica, di economia”, ha detto. “Questo Paese è fermo, non c’è più la grande industria, la piccola e media impresa sta morendo. Abbiamo grandi problem nella sanità, nella scuola, nella cultura, è un Paese con duemila miliardi di debito che deve pagare fra un po’ 100 miliardi di interesse di debito. (...) Dobbiamo sederci lì e ripensare.”

La risposta di Grillo è una rivoluzione nell’atteggiamento e cultura delle persone. Secondo Grillo, tutti, che una persona sia un idraulico o un consulente fiscale o un meccanico, dovrebbero dedicare una parte del proprio lavoro e tempo agli altri. Vale a dire, Grillo propone che i lavoratori prestino lavoro non retribuito, o scarsamente retribuito.

Intanto, le politiche di austerità di Monti stanno avendo un impatto sempre più brutale sulla vita della stragrande maggioranza degli italiani. La povertà e la disoccupazione di massa sono in aumento. Centinaia di migliaia di pensionati stanno lottando per sopravvivere, e più di uno su tre dei giovani del paese, nel sud oltre la metà, sono senza lavoro.