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Perché gli Stati Uniti stanno intraprendendo la guerra contro la Siria

Questo articolo è stato precedentemente pubblicato in inglese il 28 agosto 2013

Sulla scia del presunto attacco chimico della scorsa settimana, gli Stati Uniti e i loro alleati europei si stanno muovendo rapidamente per iniziare una guerra contro la Siria. Attacchi missilistici per bombardare il Paese medio orientale potrebbero iniziare entro pochi giorni. La campagna di propaganda dei media, al fine di confezionare un’altra guerra impopolare per il pubblico, è a pieno regime.

Le ragioni ufficiali addotte per l’imminente attacco sono un mucchio di bugie infondate, una collezione di pretesti volti a giustificare una politica che è stata pianificata con largo anticipo.

Le vere ragioni di questa ultima guerra, possono essere comprese solo nel contesto della crisi geopolitica, economica e sociale del capitalismo americano ed europeo, e il sistema imperialista mondiale nel suo complesso.

Primo: Da un punto di vista geopolitico, la guerra contro la Siria a lungo pianificata, è ancora un altro passo della campagna di Washington, dai tempi della dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991, per assicurarsi il suo dominio globale attraverso la forza militare. Confrontati con il protratto declino della loro posizione un tempo dominante nell’economia mondiale, gli Stati Uniti vedono nella propria potenza militare il mezzo per imporre la propria egemonia. Già nel 1992, il Defense Planning Guidance del Pentagono dichiarò che la politica americana mirava a prevenire l’insorgere di qualsiasi potere che possa diventare un concorrente al pari degli Stati Uniti. Nel 2002, il National Security Strategy dichiarò che gli Stati Uniti potrebbero utilizzare la guerra preventiva come mezzo per raggiungere questo obiettivo.

Una caratteristica centrale di questa esplosione globale del militarismo americano è la brama di Washington di acquisire una posizione dominante non solo in Medio Oriente, ma in tutto il continente eurasiatico. In questi ultimi anni, gli scritti dello stratega imperialista Sir Halford Mackinder della fine dell’Ottocento e inizio Novecento sono diventati di nuovo testi essenziali per i responsabili delle politiche del Dipartimento di Stato, del Pentagono e della CIA. In numerosi libri e altrettanti articoli pubblicati su riviste accademiche, quello che Mackinder chiamava l’"isola-mondo”, che si estende dai confini orientali della Germania al confine occidentale della Cina, è ritenuto di decisiva importanza strategica per gli Stati Uniti e i suoi alleati europei.

Come afferma uno studio recente, “La massa continentale eurasiatica dovrebbe essere il punto focale degli sforzi strategici dell’Occidente … Se il nascente processo del declino occidentale deve essere arrestato e invertito, una migliore comprensione della rilevanza geopolitica dell’Eurasia, e delle lotte al suo interno, cosi come un’azione concertata, sono di fondamentale importanza”. [The World Island: Eurasian Geopolitics and the Fate of the West, di Alexandros Petersen] Come per tutte le strategie imperialiste per il dominio del mondo, ciò comporta una lotta contro i poteri che sono visti come ostacoli alla sua realizzazione. La spinta a dominare l’Eurasia porta inevitabilmente a un crescente conflitto con la Russia e la Cina.

La serie di guerre aggressive condotte dagli Stati Uniti dal 1990-nei Balcani, in Medio Oriente e Asia centrale-è parte di un’agenda che prevede il dominio globale insindacabile degli Stati Uniti. Il fatto che il dominio del mondo non possa essere raggiunto senza guerre che costeranno centinaia di milioni di vite, e, molto probabilmente, la distruzione del pianeta, non impedisce a Washington di procedere.

Questa folle strategia di conquista imperialista è tale come fu quella di Adolf Hitler, i cui obiettivi geopolitici appaiono quasi provinciali rispetto alle ambizioni dell’imperialismo USA. Trotsky, prevedendo l’evoluzione dell’imperialismo americano, scrisse quasi 80 anni fa: “Per la Germania, era una questione di‘ organizzare l’Europa.’ Gli Stati Uniti devono‘ organizzare’ il mondo ”.

Per quanto riguarda le potenze europee, per ora vedono le loro ambizioni imperialiste servite al meglio legando le loro fortune al Pentagono. Sperano di poter condividere il bottino di guerra degli Stati Uniti e, nel processo, legittimare le proprie operazioni di saccheggio, come le guerre francesi in Africa.

Secondo: Economicamente, il capitalismo mondiale è al quinto anno della sua più profonda crisi dai tempi della Grande Depressione, con economia produttiva in stagnazione, disoccupazione di massa, e un crollo inesorabile del tenore di vita. La sempre più disperata situazione economica-impennate dei debiti, svalutazione delle monete, e l’intensificazione della concorrenza internazionale-determina una politica estera sempre più spericolata e violenta.

La Grande Depressione degli Anni Trenta portò alla seconda guerra mondiale, in quanto le potenze imperialiste cercarono di trovare nella guerra una soluzione ai mali del capitalismo. La Grande Recessione iniziata nel 2008, che non mostra alcun segno di miglioramento, sta portando alla terza guerra mondiale. Le forme di parassitismo economico connesse ai processi di finanziarizzazione globale, in cui l’arricchimento di un piccolo strato della società si realizza attraverso una truffa su scala mondiale, trova il suo naturale completamento in una politica estera che realizza i suoi obiettivi con violenza criminale.

Significativamente, gli Stati Uniti stanno mettendo da parte le Nazioni Unite e procedendo con la guerra senza l’approvazione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, dove la Russia e la Cina hanno potere di veto, così come la Società delle Nazioni crollò dopo l’invasione fascista dell’Italia in Abissinia nel 1935.

Terzo: tutti i paesi imperialisti si confrontano con una sempre più grave crisi sociale prodotta dalla crescente disuguaglianza sociale e dalle tensioni di classe. Negli Stati Uniti-dove il 10 per cento più ricco della popolazione possiede quasi tre quarti della ricchezza, e l’1 per cento ne monopolizza la metà-città sono costrette a dichiarare bancarotta nel mezzo di un assalto implacabile ai salari e al tenore di vita delle masse.

In Europa, l’Unione Europea si sta disintegrando in mezzo a crescenti tensioni tra le potenze europee e a un assalto ai lavoratori e agli standard di vita di cui la devastazione sociale della Grecia ne è divenuta simbolo. Più si intensificano le tensioni tra le maggiori potenze europee, più la loro aggressività si rivolge verso l’esterno, come unico comune criterio su cui tutti possono essere d’accordo.

Le potenze imperialiste vedono sempre di più la guerra come mezzo per distrarre l’attenzione dalla rivelazione delle loro attività criminali dirette contro la popolazione. La tempistica della guerra attuale è chiaramente legata alla crisi politica provocata dalle rivelazioni di Edward Snowden sullo spionaggio illegale di massa da parte delle agenzie di intelligence contro le popolazioni degli Stati Uniti e delle maggiori potenze europee. Il militarismo imperialista è visto dalla classe dirigente come un mezzo essenziale per indirizzare le tensioni sociali verso l’esterno, lungo i canali inutili e distruttivi della guerra.

Ma il XX secolo insegna che le classi dirigenti che speravano di districarsi dalla bancarotta del capitalismo, vincendo alla grande al tavolo della roulette del militarismo, alla fine hanno scoperto che le probabilità della storia erano contro di loro e che avevano fatto pessime scommesse.

La guerra siriana, come le guerre in Iraq e in Afghanistan, produrrà morte e sofferenza su grandissima scala, intensificherà la crisi economica e politica mondiale, e porterà l’umanità nel suo complesso più vicino alla catastrofe.

La dichiarazione di guerra contro un’altra piccola nazione testimonia non solo la brutalità, ma anche il fallimento del capitalismo americano ed europeo, e l’intero sistema mondiale basato sullo sfruttamento e il saccheggio. L’unica via d’uscita dal sanguinoso vicolo cieco del capitalismo e dell’imperialismo è attraverso la lotta unitaria della classe lavoratrice internazionale per la vittoria della Rivoluzione Socialista Mondiale.