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L’UE scossa dalla crisi del sistema bancario italiano

Questo articolo è stato precedentemente pubblicato in tedesco il 13 luglio 2016 e in inglese il 14 luglio 2016

A meno di tre settimane dal voto inglese in favore del Brexit, una nuova crisi bancaria attanaglia l’UE. Non solamente essa minaccia ampie conseguenze economiche, ma intensifica ulteriormente la crisi politica dell’Unione Europea.

La votazione del Brexit ha sollevato dubbi sulla stabilità europea, creato onde d’urto nei mercati finanziari globali e ha causato una drastica riduzione del valore dei titoli bancari; nel giro di due settimane la Deutsche Bank, la più grande banca privata tedesca, ha perso un quarto del suo valore.

In Italia l’impatto è stato particolarmente grave e ha perfettamente messo in luce quanto le misure di austerità addossate ed imposte alla classe lavoratrice non abbiano stabilizzato, anzi hannoi approfondito, la crisi dell’economia e dei mercati finanziari europei.

Nonostante le misure di austerità e le privatizzazioni messe in opera da tre governi successivi, capitanati da Mario Monti, Enrico Letta e Matteo Renzi, dal 2011 il debito dello stato è salito da 1800 miliardi di euro a 2200 miliardi di euro, raggiungendo il 133 per cento del prodotto nazionale lordo. Dall’inizio del 2008 il prodotto nazionale lordo è diminuito dell’8 per cento.

L’ammontare dei “titoli tossici” delle banche è raddoppiato e oggi ammonta a 360 miliardi di euro, un quinto di tutti i prestiti. Di questi 360 miliardi si ritiene che 200 siano irrecuperabili.

La borsa italiana ha risposto bruscamente al Brexit. UniCredit, la più grande banca del paese, ha perso un terzo del suo valore, portando le perdite totali di quest’anno al 60 per cento del suo valore di mercato. La seconda più grande banca d’Italia, Intesa San paolo, ha perso il 30 per cento.

Particolarmente colpita la Banca Monte dei Paschi di Siena (MPS). Fondata nel 1472, è tra le più antiche banche del mondo; dopo il Brexit le sue azioni sono state scambiate a solo un decimo del loro valore nominale; almeno il 40 per cento del suo patrimonio di 47 miliardi di euro si presume sia costituito da titoli tossici.

E adesso il governo Renzi confronta un dilemma. Le nuove norme bancarie, approvate dall’UE in risposta alla crisi del 2008, vietano l’uso di fondi statali per salvare le banche. Prima che possano essere prese misure pubbliche di salvataggio, i creditori e gli azionisti delle banche stesse vengono ritenuti responsabili per le perdite della banca e devono sostenere i costi delle spese di ristrutturazione per almeno l’8 per cento.

Renzi, politicamente, non potrà sopravvivere all’adozione di una politica del genere; infatti decine di migliaia di piccoli risparmiatori e investitori, che hanno depositato i loro fondi nelle banche, di conseguenza li perderebbero.

Già alla fine dell’anno scorso, quando quattro banche più piccole, divorate dalla crisi, furono smantellate, 12.500 piccoli investitori, tra cui molti pensionati, presi completamente alla sprovvista, persero i loro risparmi; su consiglio di quelle stesse banche avevano messo i loro risparmi nei cosiddette investimenti sub-prime, che si sono poi rivelati essere “titoli spazzatura”; il loro drammatico destino, compreso il suicidio di un pensionato che aveva perso tutto, ha provocato un’ondata di proteste in tutto il paese.

Inoltre, si teme che la ristrutturazione del Monte dei Paschi di Siena, che ha venduto tali titoli a 60.000 clienti, potrebbe provocare una corsa generale alle banche e scatenare una reazione a catena in tutta Europa. Altre banche, tra cui la Banca Popolare di Vicenza e il gruppo casse di risparmio Carige di Genova, avrebbero problemi simili a quelli del MPS, secondo rapporti dei media italiani.

Dopo che il Fondo Monetario Internazionale ha drasticamente rivisto al ribasso la sua previsione di crescita per l’Italia, che è la terza economia della zona euro, uno studio, condotto dalla Barclays Bank, stima che, in quasi tutti i paesi, la situazione confrontata dal settore finanziario sia drammatica.

David Folkerts-Landau, capo economista della Deutsche Bank, ha dichiarato nel giornale Welt am Sonntag che ci vorrebbero 150 miliardi di euro per salvare le banche europee.

In questa situazione, Renzi, sostenuto dal capo della banca centrale Ignazio Visco, ha proposto un fondo di salvataggio di 40 miliardi di euro per salvare le banche italiane. La proposta ha incontrato una forte resistenza a Bruxelles; il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble e Jeroen Dijsselbloem, capo olandese del gruppo dell’euro, insistono sul mantenimento della normativa bancaria dell’UE.

Il cancelliere tedesco Angela Merkel e le frazioni parlamentari della CDU/CSU e SPD sostengono Schäuble. A un vertice UE, subito dopo il voto Brexit, la Merkel ha dichiarato indifferente: “Non possiamo semplicemente creare regole nuove ogni due anni”.

Il vicepresidente della frazione SPD, Karsten Schneider, ha osservato, “La credibilità delle norme per proteggere tutti i contribuenti in Europa non può essere messa in discussione alla prima occasione che si presenta.” E Joachim Pfeiffer, portavoce della politica economica per la CDU/CSU, ha aggiunto “Una violazione di queste norme sarebbe inaccettabile.”

Schäuble e Dijsselbloem hanno inoltre indicato ferma determinazione nei confronti di Spagna e Portogallo. Per la prima volta nella storia, la scorsa settimana, i ministri delle finanze UE hanno votato sanzioni contro entrambi i paesi, che non sono stati autorizzati a votare, per aver violato le norme in materia di deficit di bilancio che richiedono che venga mantenuto entro il 3 per cento del PIL. Spagna e Portogallo, che hanno praticamente distrutto le loro economie con anni di misure di austerità, ora dovranno trasferire miliardi in multe a Bruxelles, rendendo impossibile il mantenimento del limite dei loro deficit.

Così, all’interno dell’UE, si ripresentano gli stessi conflitti emersi durante la crisi greca: la Germania e un gruppo di paesi più ricchi del nord, che hanno fortemente approfittato dell’euro, vogliono evitare a tutti i costi di essere ritenuti partecipi delle conseguenze delle loro politiche nel sud del continente.

Christoph Schmidt, capo degli “esperti economici”, il più importante organo consultivo economico del governo tedesco, ha riassunto il tutto quando ha messo in guardia circa l’UE trasformata in una “comunità di passività finanziarie”, se mai il “quadro di recente creazione per la ristrutturazione delle banche venisse messo in discussione ancora una volta”. La necessità di tutelare i piccoli risparmiatori italiani non era motivo per violare le norme dell’UE.

Però questa politica potrebbe rivelarsi esplosiva per l’Unione Europea, cosa che il governo tedesco ha riconosciuto verbalmente. In Italia si riscontra la chiara dimostrazione; se Renzi cade per la crisi bancaria, un governo anti-UE quasi certamente lo sostituirà.

L’iniziale smalto del giovane politico, che prese il potere con l’audace promessa di “rottamare” le vecchie élite, ha perso la sua brillantezza da parecchio tempo: appoggiandosi sui resti del partito comunista e dei sindacati, Renzi ha realizzato la più grande “riforma” del mercato del lavoro, ha ridotto radicalmente le pensioni e tagliato i finanziamenti per i servizi pubblici e le scuole.

Ma l’economia non è riuscita a rispondere positivamente, e l’Italia è diventata una polveriera sociale. La disoccupazione è significativamente più alta rispetto a quanto il dato ufficiale dell’11, 5 per cento suggerisce, visto che le statistiche non tengono conto del quasi 36 per cento delle persone in età lavorativa considerate “inattive”. Soprattutto tra i giovani, dove la disoccupazione ufficiale è del 40 per cento, non esiste alcuna speranza di istruzione o di un futuro, in particolare nel Sud povero del paese.

Nelle recenti elezioni comunali, il PD di Renzi ha subito perdite significative. Nelle grandi città come Roma e Torino, hanno perso la carica di sindaco a favore del Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo, che, con il 32 per cento di sostegno in un recente sondaggio nazionale, ha sorpassato i Democratici. Il movimento di Grillo, che si basa soprattutto sulle sezioni insoddisfatte della classe media, rappresenta posizioni nazionaliste e xenofobe e collabora, a livello europeo, con l’UKIP della Gran Bretagna, che ha condotto la campagna Brexit.

L’alleato di destra di Renzi, il Nuovo Centro Destra, derivante da una scissione della berlusconiana Forza Italia, minaccia di lasciare il governo. La Lega Nord di Matteo Salvini, che adesso fa campagna in tutta Italia, sta beneficiando della crisi.

Nel mese di ottobre o all’inizio di novembre, si svolgerà un referendum circa un nuovo sistema elettorale e l’indebolimento della seconda camera del parlamento, il senato. Se Renzi perde il referendum sulle modifiche costituzionali ha intenzione di dimettersi e indire nuove elezioni; ma se la crisi bancaria si deteriora ulteriormente, questa potrebbe costituire la fine del suo mandato.

Il tentativo della Germania di imporre i suoi dettami economici sta spaccando l’Unione Europea. La risposta di Berlino è di porre maggiormente l’accento sul militarismo in patria e all’estero.