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I referendum sull’autonomia nel Nord Italia

Questo articolo è stato precedentemente pubblicato in inglese il 16 novembre 2017

Con le elezioni parlamentari imminenti in Italia, che si terranno non più tardi di maggio 2018, il Partito Democratico (PD), che sotto il primo ministro Paolo Gentiloni dirige ancora il governo di Roma, si confronta con un destino simile a quello degli altri partiti socialdemocratici europei: stanno perdendo elettori, si stanno spezzettando e stanno perdendo potere.

Nelle elezioni regionali tenutesi in Sicilia il 5 novembre, il candidato PD a presidente della Regione, Fabrizio Micari, ha ricevuto solo il 19 per cento dei voti, mentre il PD come partito ne ha ricevuti solo il 13 per cento; molto meno dell’alleanza di partiti di destra e fascisti che ha vinto le elezioni con poco meno del 40 per cento dei voti, o del Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo, che ha ricevuto il 35 per cento dei voti.

Cinque anni fa il PD aveva vinto le elezioni in Sicilia; ma il democratico Rosario Crocetta, presidente della regione, non ha risolto nessuno dei brucianti problemi sociali. Al contrario, ha imposto un programma di dura austerità che ha lasciato ancora più trascurate le infrastrutture, come la costruzione di strade, scuole, raccolta dei rifiuti, ecc. Pur essendo stato eletto con grandi lodi premature, quale combattente contro la mafia, Crocetta ha deluso anche in questo senso e ha pure attirato l’attenzione del procuratore dello Stato.

La situazione sociale in Sicilia è catastrofica. Molti dei problemi dell’Italia trovano qui la loro espressione più estrema. Ad esempio: dal momento della chiusura dello stabilimento Fiat nell’isola i giovani hanno avuto pochissime prospettive di lavoro. Oltre 70.000 giovani di età inferiore ai 30 hanno lasciato la Sicilia nel corso dell’ultimo anno.

Il vuoto lasciato dalla politica del PD è stato sfruttato dalle forze di destra. Mentre più della metà di tutti gli elettori sono rimasti a casa, e l’affluenza ha raggiunto un minimo storico del 46, 5 per cento, l’ottantunenne ex-presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che non può ricoprire personalmente una carica politica fino al 2019 perché condannato per falso in bilancio e corruzione giudiziaria, ha celebrato una sorta di rimonta. Berlusconi ha organizzato un’alleanza di destra tra il suo Forza Italia, Lega Nord e partito fascista Fratelli d’Italia e anche agito come attivista. Il banchiere Sebastiano (“Nello”) Musumeci, che viene dalla post-fascista Alleanza Nazionale e si definisce un “ fascista decente”, è stato eletto presidente regionale.

L’elezione in Sicilia riflette la situazione di tutto il paese. Il Pd è in caduta libera.

Meno di un anno fa, il 4 dicembre 2016, l’allora primo ministro Matteo Renzi aveva perso il referendum sulla riforma costituzionale. Si era dimesso, lasciando gli affari di Stato al suo stretto confidente Paolo Gentiloni, ma sperava in un ritorno in aprile, quando è stato eletto presidente del PD.

Le elezioni comunali di giugno hanno poi rivelato un quadro simile a quello della Sicilia, con una bassissima affluenza alle urne, il campo di governo è crollato. Il PD ha perso numerosi comuni a favore della Lega Nord o del Movimento Cinque Stelle.

Contemporaneamente il PD si sta erodendo in parlamento. Nel mese di febbraio, un gruppo di deputati parlamentari PD si è unito a Sinistra Italiana, il partito di recente formato da Nichi Vendola. Poco dopo, l’ex leader del partito, Pierluigi Bersani, e altri parlamentari hanno lasciato il PD fondando il Movimento Democratico e Progressista (Mdp). Poi si è staccato Giuseppe Pisapia, con il neo-partito “Insieme”. E, più di recente, Pietro Grasso, prominente membro del partito e Presidente del Senato, ha dichiarato le sue dimissioni dal gruppo parlamentare il 26 ottobre. In Sicilia, una parte dei rinnegati non ha sostenuto il candidato PD, ma la lista di Claudio Fava, il figlio di una vittima della mafia, il che ha contribuito alla scarso risultato.

Secondo gli attuali sondaggi di opinione, il PD ha quasi nessuna possibilità di capeggiare il prossimo governo. Con poco meno del 30 per cento di sostegno, l’alleanza di partiti guidata dal PD si trova dietro l’alleanza di destra di Berlusconi (36 per cento) e appena più avanti del M5S (28 per cento).

La destra potrà anche trarre vantaggio dalla nuova legge elettorale, chiamata “Rosatellum”, che il PD ha sostenuto nel mese di ottobre, insieme alla destra. La miscela fra sistema uninominale secco e la rappresentanza proporzionale favoriscono la formazione di alleanze elettorali e in realtà dovrebbe isolare il Movimento Cinque Stelle, che finora ha rifiutato di aderire ad eventuali alleanze; però adesso sta occhieggiando la destra, perché può formare liste, anche senza accordo su un programma comune.

La ragione più profonda per la scomparsa del PD sta nelle politiche anti-classe lavoratrice che ha perseguito per 25 anni, il che l’ha completamente screditato nella classe lavoratrice. Il tradizionale sistema partitico italiano è imploso, all’inizio degli anni 1990, in un enorme scandalo di corruzione. Con la dissoluzione dell’Unione Sovietica, l’allora influente Partito Comunista (PCI) si è dissolto. Il suo partito successore, il PDS, assunse poi il compito di stabilizzare il capitalismo italiano.

Mentre i governi di destra, sotto Silvio Berlusconi, erano alacremente impegnati a riempirsi le tasche, i governi sostenuti da, o guidati dal PDS, hanno scelto come loro compito di riportare ordine nei conti pubblici, a spese della classe lavoratrice. La depressione dei salari e la distruzione dei diritti e successi sociali porta la loro firma. In questo, il PD è stato assistito da organizzazioni di pseudo-sinistra, come Rifondazione Comunista, che, nel 2006, aveva pure aderito al governo dell’ex presidente della Commissione europea Romano Prodi, suggellando così il proprio destino.

In questi 25 anni, il PD si è spostato sempre più a destra e gradualmente ha assorbito nei suoi ranghi i resti della Democrazia Cristiana, che, sotto Matteo Renzi e Paolo Gentiloni, hanno preso il commando a tutti gli effetti.

Il PD ha sistematicamente attaccato i diritti sociali e democratici dei lavoratori, e non è in alcun modo inferiore agli estremisti di destra in termini di militarismo e di xenofobia; ad esempio, il ministro dell’Interno Marco Minniti (PD) è responsabile di un accordo con la guardia costiera libica, che impiega i mezzi più brutali per evitare che i rifugiati attraversino il Mediterraneo verso l’Italia.

Le forze della destra reazionaria si sono mosse nel vuoto politico che tutto questo ha creato. Da un lato, il Movimento Cinque Stelle, che si presenta come avversario dell’establishment, ma che in materie chiave, come la politica sociale, o dei rifugiati, rappresenta un programma di destra neoliberista e razzista, è stato in grado di trarre profitto dal chaos. Contemporaneamente, forze di destra, come la Lega Nord che ora si chiama semplicemente “Lega” ed agisce come un partito nazionale seguendo l’esempio del Fronte Nazionale Francese, stanno guadagnando terreno.

Il sociologo italiano Ilvo Diamanti descrive il declino del PD come la “crisi di un partito di massa, che apparentemente non risponde alle esigenze della società di oggi”; qui Diamanti ha fatto centro. I partiti che un tempo si definivano “di sinistra”, hanno abbandonato ogni interesse per le questioni sociali che la massa della popolazione si trova ad affrontare; al contrario, essi rappresentano gli interessi del capitale e degli strati ricchi della classe media.

L’ascesa delle forze di destra e dei fascisti rappresenta un grande pericolo. Esso può essere evitato solo con la costruzione di un movimento socialista rivoluzionario della classe lavoratrice, indipendente dai socialdemocratici, dai sindacati e dalle loro appendici di pseudo-sinistra.