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L’Italia dopo le elezioni europee

Questo articolo è stato precedentemente pubblicato in tedesco il 10 giugno 2014 e in inglese l’11 giugno 2014

Il partito al governo, il PD, è emerso vincitore dalle elezioni europee del 25 maggio con il 40, 8 per cento dei voti. Il Movimento populista Cinque Stelle di Beppe Grillo è arrivato secondo, con il 21 per cento dei voti. Poco prima delle elezioni, i sondaggi avevano previsto un testa a testa fra seguaci di Grillo e del Partito Democratico per il primo posto.

Forza Italia di Berlusconi è arrivato terzo, con quasi il 17 per cento dei voti; la Lega Nord ha ottenuto il 6 per cento, e il Nuovo Centro Destra (NCD), creato dopo una scissione dal partito di Berlusconi, ha raccolto il 4, 4 per cento. La lista elettorale “L’Altra Europa con Tsipras” ha superato di misura la barriera del 4 per cento con un 4, 03 per cento e manderà tre rappresentanti al Parlamento europeo.

La partecipazione elettorale, al 57, 2 per cento, è stata di quasi un dieci per cento meno che alla precedente elezione del 2009, quando il 66 per cento aveva votato. Se il 25 maggio non ci fossero state in alcune parti del Paese anche delle elezioni regionali e comunali, ancor meno persone sarebbero andate a votare.

Il senso di sollievo per la vittoria di Matteo Renzi era palpabile all’interno dei circoli della classe dirigente. La Borsa di Milano ha risposto alla vittoria del suo candidato favorito con un aumento del 3, 4 per cento, e un calo del tasso di interesse dei titoli di Stato decennali italiani di 14 punti.

A Bruxelles, i capi di governo si sono congratulati con Renzi per la sua vittoria elettorale, e il cancelliere tedesco Angela Merkel lo ha definito un “matador”. A luglio l’Italia assumerà la presidenza del Consiglio dell’Unione Europea. La borghesia europea temeva che una vittoria di Beppe Grillo avrebbe “definitivamente gettato le già ingestibili relazioni politiche italiane nel caos”, secondo quanto scritto dal periodico tedesco Der Spiegel.

Il banchiere tedesco Schmieding ha dichiarato al quotidiano Die Welt che con la vittoria di Renzi diminuisce il rischio “che l’Italia, uno dei paesi più importanti in Europa, possa cadere nella turbolenza politica”, e che il capo del PD adesso ha ottenuto “un forte mandato per quello che riguarda le riforme istituzionali e del mercato del lavoro”.

Queste “riforme” avverranno ancora una volta a spese della classe lavoratrice, che sta pagando per la crisi con maggiore disoccupazione e povertà dilagante tra i giovani e gli anziani dall’inizio della recessione nel 2008. Secondo un’indagine pubblicata alla fine di maggio dall’Istat, il numero di posti di lavoro in Italia è quasi un milione di meno (984.000, o 4, 2 per cento) che nel 2008. Perfino rispetto al 2012 questo numero è calato del 2 per cento.

Il dato della disoccupazione giovanile ha ufficialmente superato il livello del 40 per cento l’anno scorso e ora è molto più alto. Secondo la nuova indagine, solo il 40 per cento dei giovani tra i 15 e 34 anni ha una qualche sorta di lavoro remunerato.

La vittoria elettorale del PD è dovuta soprattutto alla mancanza di una qualsiasi alternativa veramente di sinistra alla politica di destra di quel partito.

In quanto al partito di Grillo, fin dall’inizio, il World Socialist Web Site ne ha sottolineato il carattere di destra. Ora se ne è avuta la conferma.

Durante la campagna elettorale, Grillo è stato fortemente critico dell’UE e del governo nazionale. In un comizio elettorale in Piazza San Giovanni a Roma, Grillo aveva annunciato che i suoi sostenitori avrebbero marciato su Roma e che avrebbero bloccato la residenza del Presidente Giorgio Napolitano per tutto il tempo necessario per portarlo a sciogliere il parlamento e indire nuove elezioni.

Al dato di fatto dei risultati elettorali, Grillo ha subito perdite di oltre il 40 per cento in Sicilia, Friuli Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige, le ex roccaforti del Movimento Cinque Stelle.

A questi risultati Grillo ha reagito contattando a Bruxelles Nigel Farage, il leader dell’UKIP (United Kingdom Independence Party), offrendosi di collaborare con lui a livello europeo. L’UKIP ha un programma totalmente reazionario che include deregolamentazione, sciovinismo contro gli immigrati, tasse minime per le imprese e militarismo spietato.

I personaggi presenti nella “Lista Tsipras” hanno colto l’occasione del risultato elettorale per spostarsi ancora più vicino al PD. Solo poche ore dopo la chiusura dei seggi, la “Lista Tsipras” si è effettivamente dissolta nelle sue parti costituenti.

I capi di Sinistra, Ecologia, Libertà (SEL) di Nichi Vendola hanno rilasciato una serie di interviste ai quotidiani in cui sostenevano una più stretta collaborazione, o anche l’unione, con il PD, giustificando queste dichiarazioni alla luce della crescita degli euroscetici nell’UE.

Gennaro Migliore, capo della frazione parlamentare del SEL, ha proposto su La Repubblica una fusione con il PD dichiarando: “Facciamo un partito unico a sinistra” Dobbiamo stare nel ‘gorgo’, senza complessi e attendismi. La sfida è costruire in Italia un soggetto unitario di sinistra - regolato dalla democrazia interna - che possa far vivere le aspettative di cambiamento.” Il deputato SEL Ileana Piazzoni ha dichiarato all’Espresso di voler “riunire la sinistra... un campo che coinvolge il PD”

Nichi Vendola, capo del SEL e presidente della regione Puglia, ha dichiarato il 28 maggio a Napoli: “Renzi adoperi la leva pesante che gli è stata offerta dal corpo elettorale per ribaltare l’Europa. Se lui ribalterà l’agenda di governo dell’Europa per rimettere dentro persone, diritti e protezione sociale, trasformeremo nostre critiche e i nostri dissensi in consenso”.

La posizione di Rifondazione Comunista, che aveva aderito alla lista Tsipras, è stata riassunta da un politico della Puglia, Nicola Fratoianni, su Facebook. Fratoianni non condivide l’opinione di Vendola. Secondo lui, dopo le elezioni, si è reso necessario “un appello politico” a tutti coloro che avevano “capito” la lista Tsipras nella sua funzione di “occasione importante per dare corpo ad una sinistra forte e innovativa, non settaria e non minoritaria”.

Questo non ha nulla a che vedere con un’alternativa politica indipendente per la classe lavoratrice. Questo gruppo desidera mantenere una certa distanza dal PD per fornirgli una copertura più efficace da sinistra. Tutti gli associati di Rifondazione Comunista (il successore del Partito Comunista Italiano) fanno parte di una piccola e privilegiata borghesia che cerca di difendere i propri ben pagati posti di lavoro nei sindacati, nella burocrazia statale e nei media.

Renzi, che ha preso il controllo del governo nel mese di febbraio, ha celebrato la vittoria elettorale come un trionfo personale. In realtà, il suo successo elettorale è stato tutt’altro che travolgente. Appena il 23 per cento degli elettori registrati lo ha sostenuto.

La sua reazione alla elezione è stata di annunciare “riforme molto dure e decisive.” “Questa volta l’Italia fa sul serio”, ha detto il 31 maggio in un’intervista data alla Süddeutsche Zeitung, a El Pais, a The Guardian, a Le Monde e all’italiana La Stampa. Renzi vorrebbe fermamente imporre le sue riforme al mercato del lavoro, la costituzione e il sistema elettorale.

Renzi sta portando avanti un vasto programma di privatizzazioni e tagli sociali. Il suo governo intende tagliare la spesa statale di 34 miliardi di euro entro due anni. Allo stesso tempo, il suo ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ha messo in chiaro che l’Italia è incondizionatamente d’accordo e sostiene le azioni aggressive della Germania e degli Stati Uniti contro la Russia nella crisi in Ucraina.

Rivelatrici sono anche le menzognere pratiche contabili recentemente proposte dall’uomo che si è presentato alle elezioni come “distruttore” delle élite corrotte. Durante la campagna elettorale Renzi ha fatto ripetute promesse di lottare contro la corruzione e lo spreco. Ma ora, messo di fronte al problema del declino del PIL in Italia, è arrivato a una soluzione certamente innovativa: d’ora in avanti, a partire dal settembre 2014, l’Italia aumenterà il suo PIL incorporando, nei calcoli dello stesso la cosi detta “economia sommersa”.

L’ “economia sommersa” comprende non solo “il lavoro illegale”, ma anche il contrabbando di sigarette, il commercio di armi e droga, e la prostituzione. Questo ha anche fornito il pretesto ai membri del partito di Silvio Berlusconi, che è stato più volte accusato di corruzione, di deridere il governo. ll senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia ha suggerito che il capo della BCE, Mario Draghi, potrebbe essere sostituito dal ben noto boss mafioso Salvatore “Totò” Riina.

Le elezioni europee hanno reso più chiaro che mai che la classe lavoratrice italiana non ha nessun partito o organizzazione che parla a suo nome. Un divario enorme separa la classe lavoratrice e l’intera gamma dei partiti politici italiani.